Ceron Antonio

Isacem, Fondo Giac
Isacem, Fondo Giac
Nome: Antonio
Cognome: Ceron
Nome di battaglia: Tonin
Luogo di nascita: Murelle
Provincia/stato: Padova
Data di nascita: 27/06/1923
Luogo di morte: Campodarsego
Provincia/Stato morte: Padova
Data di morte: 11/04/1945
Ramo di Azione cattolica:

Sommario

Note biografiche

Antonio Ceron nacque il 27 giugno 1923 a Murelle, piccola frazione del comune di Villanova in provincia di Padova, da Candido e Teresa Riolfo. I genitori erano coltivatori diretti e con i profitti dei terreni riuscivano a mantenere la numerosa famiglia, pur non versando in buone condizioni economiche.

C., dopo aver frequentato le prime tre classi elementari presso il suo paese natale e le successive due nella scuola di Villanova, fu costretto a lasciare gli studi e andare alla ricerca di un lavoro per dare il proprio contributo alle finanze familiari. Non avendo la possibilità di aggiungersi ai fratelli nella gestione del modesto appezzamento di terra, venne assunto prima come assistente per imparare il mestiere da un fabbro del paese e, successivamente, alla Latteria cooperativa di Villanova come garzone. Infine, dopo aver lavorato per alcuni mesi, decise di acquistare insieme ai fratelli un nuovo campo da coltivare e continuare la tradizione contadina della sua famiglia.

Fu durante i suoi anni giovanili, inoltre, che prese parte alla vita del circolo Giac San Lorenzo di Murelle e, visto il suo impegno e la serietà nelle attività del gruppo, gli venne anche assegnata dal parroco la responsabilità di occuparsi dell’insegnamento del catechismo domenicale ai ragazzi più giovani del paese.

Nel corso del gennaio del 1943, C. venne richiamato sotto le armi per assolvere agli obblighi di leva. Assegnato a domanda nella specialità paracadutisti, fu ammesso alla scuola paracadutisti di Tarquinia, dove venne raggiunto dalla notizia della firma dell’armistizio di Cassibile. In mancanza di ordini univoci dal Comando militare del regio esercito, ben presto il plotone al quale era aggregato si sciolse e i suoi commilitoni si sbandarono per non essere catturati dai reparti tedeschi. A causa del momento di incertezza generale, egli decise di far velocemente ritorno a casa e raggiungere la sua famiglia a Murelle.

Dopo alcuni giorni, però, il giovane venne avvicinato da un gruppo di ragazzi provenienti dagli ambienti dell’Ac della diocesi di Padova e, assunto il nome di battaglia di «Tonin», insieme a loro formò una banda partigiana che cominciò a operare nella zona. Quando la loro formazione assunse una discreta entità numerica, riuscì a prendere contatti con i responsabili della zona nel padovano e si vide inquadrata nella brigata cattolica Guido Negri. In questo gruppo, con la guida spirituale di don Antonio Pegoraro, il giovane si spese a lungo in operazioni di sabotaggio e opposizione armata contro gli occupanti nazifascisti.

C., molto capace nella gestione delle trasmissioni, venne incaricato dal Cln regionale di assumere e gestire dei contatti sicuri con gli angloamericani. Installata una trasmittente nelle vicinanze del comando militare tedesco di Padova, nel corso del tempo si impegnò per far pervenire agli alleati indicazioni utili provenienti dal Cln e informazioni sulle manovre di rastrellamento condotte dalle forze tedesche. Quando, nell’approssimarsi delle giornate che portarono all’insurrezione generale, la pressione sulle formazioni partigiane si fece sempre più stringente da parte degli occupanti, il giovane si convinse a dichiarare la fine delle trasmissioni e a nascondere l’apparecchio nell’abitazione paterna, nella fattoria Carlo Bassi.

Quando tutta la zona di Villanova fu fatta oggetto di una vastissima operazione delle truppe tedesche volta a individuare i comandanti delle formazioni partigiane, la ricetrasmittente venne individuata durante una perquisizione nella fattoria e C. fu posto in stato di arresto insieme ai suoi parenti presenti nell’abitazione. Assunta su di sé la responsabilità di quanto ritrovato nella casa del padre, egli venne condotto nella sede delle brigate nere di Campodarsego, dove fu affidato a Alfredo Allegro, il comandante della guarnigione della milizia repubblicana di Padova.

Per i successivi giorni egli venne fatto oggetto di duri interrogatori e atroci sevizie da parte dei carcerieri fascisti allo scopo di estorcergli informazioni utili per conoscere nomi e luoghi di rifugio dei partigiani della brigata Guido Negri e per conoscere i dettagli della missione di trasmissione verso gli angloamericani. Seppur a lungo torturato, C. non volle rivelare nulla che potesse essere utile ai suoi aguzzini e, visto il suo ostinato silenzio, fu condannato a morte senza regolare processo. L’11 aprile 1945 gli venne fatto credere di poter lasciare la caserma dove era prigioniero perché non utile alle indagini ma, mentre si allontanava, fu colpito da una raffica di mitra sparatagli alle spalle che lo lasciò a terra senza vita. Tre giorni dopo venne sepolto nel cimitero del paese natale e nella sua lapide venne scritto: «Fedele fino alla morte al tuo giuramento, al tuo ideale di fede cristiana e di amicizia. Fosti freddato con la facile prepotenza delle armi da chi non rinserra la forza di un’idea sublime. Vittorioso per i secoli rinsalda nella fede i compagni, pesa sugli oppressori la incancellabile vergogna, la Patria riconoscenti».

Il 10 gennaio 1950 il presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi decretò alla memoria di C. la medaglia d’oro al valor militare con la qualifica di paracadutista e partigiano combattente con la seguente motivazione: «Non ancora ventenne accorreva all’appello della Patria oppressa profondendo il suo giovanile entusiasmo nel rincuorare i dubbiosi e fare nuovi proseliti alla causa. In numerose azioni e combattimenti emergeva per intelligenza e indomito valore. Catturato ed invitato a denunciare capi e commilitoni, rifiutava recisamente; denudato, percosso, cosparse le carni di benzina ed arso, taceva ancora, trafittagli la lingua con un ferro rovente opponeva ancora con fierezza il silenzio ad ogni più raffinata tortura. Apparentemente lasciato in libertà, veniva brutalmente abbattuto a colpi di mitra mentre si trascinava barcollante, infranto ma non domo. Il silenzio suo trascende i limiti dello eroismo umano e tocca le sublimi altezze della totale dedizione alla più nobile delle cause. Campodarsego, 11 aprile 1945».

Onorificenze

Non ancora ventenne accorreva all’appello della Patria oppressa profondendo il suo giovanile entusiasmo nel rincuorare i dubbiosi e fare nuovi proseliti alla causa. In numerose azioni e combattimenti emergeva per intelligenza e indomito valore. Catturato ed invitato a denunciare capi e commilitoni, rifiutava recisamente; denudato, percosso, cosparse le carni di benzina ed arso, taceva ancora, trafittagli la lingua con un ferro rovente opponeva ancora con fierezza il silenzio ad ogni più raffinata tortura. Apparentemente lasciato in libertà, veniva brutalmente abbattuto a colpi di mitra mentre si trascinava barcollante, infranto ma non domo. Il silenzio suo trascende i limiti dello eroismo umano e tocca le sublimi altezze della totale dedizione alla più nobile delle cause. Campodarsego, 11 aprile 1945.

Fonti e bibliografia

  • Acasrec, Sez. I, b. 9, fasc. 11, Relazione brigata “Guido Negri”; b. 21, fasc. 1.2, Rapportino sulla cattura e sulla morte del patriota democristiano Ceron Antonio.
  • Isacem, Righini, b. 26, fasc. 4; b. 27; Giac, b. 771, fasc. Caduti per la Resistenza; b. 773.
  • Insmli, Corpo volontari della libertà, Documentazione e materiale storico-statistico, Biografie sui caduti partigiani, b. 165, fasc. 530b.
  • Giuseppe Fabris, La terra e il sangue. Vita emblematica di un giovane contadino veneto nella guerra partigiana, Federazione italiana volontari della libertà, Padova 1985.
  • Maurizio Da Conselve, Antonio Ceron partigiano medaglia d’oro, La pagina, Padova 2006.
  • Luciano Biasiolo, Antonio Ceron e la Resistenza a Villanova di Camposampiero: i racconti dei protagonisti e dei testimoni, Comune di Villanova di Camposampiero, Villanova di Camposampiero 2006.

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