Sergio De Vitis nacque il 7 aprile del 1920 a Lettopalena, piccolo comune in provincia di Chieti, da Felice, impiegato presso un’azienda locale, e Valeria Ellena, insegnante elementare. Trascorsi gli anni giovanili nel paese natale, dove attese agli studi elementari e medi presso il collegio dei Salesiani attivo nella zona, nel 1927 si trasferì insieme alla sua famiglia a Frossasco, in provincia di Torino, dove frequentò gli studi liceali. Cresciuto in un ambiente imperniato di profonda religiosità, egli fu tesserato nel 1933 come fanciullo di Ac dalla madre, già socia della sezione dell’Ud di Frossasco. Negli anni successivi, poi, ebbe modo di iscriversi al circolo Giac di Lettopalena.
Iscrittosi all’Accademia militare di Modena, nel marzo del 1942 conseguì il grado di sottotenente in servizio permanente effettivo nel 3° reggimento alpini. Dopo aver frequentato il corso applicativo nella Scuola di fanteria di Parma, fu quindi inviato al corso di specializzazione presso la Scuola centrale militare di Aosta. Terminato il periodo di formazione, venne assegnato al battaglione Val Chisone del 4° gruppo alpini Valle, di stanza in Montenegro.
Rientrato in patria insieme al suo reparto, nei mesi successivi all’armistizio dell’8 settembre decise di non rispondere ai diversi bandi emanati dalla Rsi per il reclutamento indetto per infoltire le fila del costituendo esercito nazionale repubblicano e, per non essere catturato e spedito in Germania, decise di darsi alla macchia sui monti vicino ad Arquata Scrivia, in provincia di Alessandria. Successivamente spostatosi a Torino, entrò in contatto con il maggiore Luigi Milano, ex maggiore del regio esercito che si stava impegnando per organizzare le prime bande partigiane della Val Sangone. Assunto il comando di una formazione, insieme ai suoi uomini sostenne diversi scontri contro reparti nazifascisti, facendosi notare per capacità militari e spirito di sacrificio, in special modo durante i rastrellamenti del maggio 1944 che flagellarono pesantemente le forze partigiane a causa dell’imponente schieramento di reparti messo in campo da tedeschi e repubblichini.
Il 26 giugno 1944, per sopperire alla grave mancanza di armamento e munizioni che fin dai primi giorni stava complicando lo sviluppo delle operazioni della divisione, D. diede avvio alla grande offensiva organizzata contro la polveriera di Sangano, utilizzata dai nazifascisti come deposito militare. Egli, con un manipolo di uomini, riuscì a raggiungere l’obiettivo e, dopo aver messo in fuga un reparto di soldati della Rsi, dichiarò occupata la struttura dalla quale riuscì a recuperare una gran quantità di materiale bellico. La reazione dei tedeschi, venuti presto a conoscenza dell’azione, fu veemente e il contrattacco venne portato avanti nella stessa giornata del 26 giugno, contando su una ingente superiorità numerica dovuta alla contemporanea mobilitazione delle truppe dei comandi di Airasca e Torino. La resistenza approntata dalla formazione di D. fu valorosa ma effimera: le truppe nemiche riuscirono a riprendere possesso della polveriera e, durante lo scontro a fuoco che ne seguì, il giovane venne colpito a morte da una mitragliatrice nemica, mentre tentava di mantenere un caposaldo utile a coprire la ritirata della sua formazione.
Due giorni dopo il comune di Bruino ricevette l’ordine dal commissario prefettizio della Provincia di «seppellire i ribelli caduti durante il combattimento al giorno 26.6.44 tale si trovano interno alla polveriera nella Montagna di Sangano». Il 3 luglio successivo, invece, lo stesso commissario comunicò alla procura di Stato di Torino di aver ricevuto, a sua volta, ordine «dal comando Germanico di Airasca in data 28.6.1944» per il seppellimento, nel cimitero della frazione di Sangano, di «otto salme di sconosciuti caduti» durante il combattimento alla polveriera.
La banda guidata da D., riorganizzatasi e infoltita negli effettivi grazie all’ingresso di nuovi elementi, divenne la 42ª Divisione «Sergio De Vitis», a ricordo del sacrificio del suo comandante.
Alla memoria di D. venne decretata la medaglia d’oro al valor militare, consegnata al termine della guerra al padre Felice, con la qualifica di sottotenente in servizio permanente effettivo del corpo degli Alpini e partigiano combattente con la seguente motivazione: «Comandante di elette virtù militari, combattente di leggendario valore, in numerosi aspri combattimenti infieriva duri colpi al nemico, catturando interi presidi e facendo cospicuo bottino di materiali da guerra. Durante un audace attacco ad una polveriera, sopraffatto da forze nemiche accorse di rinforzo, sosteneva per quattro ore una impari lotta, finché, costretto a fare ripiegare il proprio reparto, rimaneva con pochi compagni a proteggere il movimento. Dopo avere strenuamente lottato fino all’ultima cartuccia, cadeva in mezzo ai suoi uomini stretti intorno a lui nell’epica difesa. Il nemico, ammirato da tanto valore, gli dava onorata sepoltura ed inviava il drappo per avvolgere la salma. Sangano, 26 giugno 1944». Allo stesso modo gli venne rilasciato ufficiale «certificato al patriota» dal generale Harold Rupert Alexander, comandante in capo delle forze alleate in Italia, conferito in «nome dei governi e dei popoli delle Nazioni Unite» per aver, nel corso della sua vita, «combattuto il nemico sui campi di battaglia, militando nei ranghi dei patrioti tra quegli uomini che hanno portato le armi per il trionfo della libertà».