Patrini Narciso Franco

Narciso Franco Patrini
Immagine: R. Dasti, Dritti nella tempesta. Storie cremasche della Seconda guerra mondiale, Crema 2015
Nome: Narciso Franco
Cognome: Patrini
Luogo di nascita: Offanengo
Provincia/stato: Cremona
Data di nascita: 23/02/1920
Luogo di morte: Offanengo
Provincia/Stato morte: Cremona
Data di morte: 30/05/1983
Ramo di Azione cattolica:

Sommario

Note biografiche

Narciso Franco Patrini nacque ad Offanengo, in provincia di Cremona, il 23 febbraio del 1920 in una famiglia contadina di modeste condizioni economiche. Attesi agli studi elementari, ebbe la possibilità di iscriversi all’istituto magistrale Guido Albergoni a Crema e, successivamente, al liceo scientifico Filippo Lussana di Bergamo. Fu in questo periodo che si avvicinò agli ambienti dell’associazionismo cattolico e, nel 1934, ebbe modo di collaborare attivamente con don Angelo Galli per dare vita nel paese natale a un circolo Giac di cui, nel corso del tempo, arrivò ad assumere la presidenza. Nel 1938, visto il suo impegno e la dedizione assicurata all’associazione, venne chiamato a collaborare nella giunta diocesana di Azione cattolica di Crema.

Nel maggio del 1941 conseguì la maturità scientifica e, vista la sua volontà di continuare gli studi, decise di iscriversi alla facoltà di Ingegneria del Politecnico di Milano. Il 7 agosto dell’anno successivo, però, P. fu costretto a interrompere il percorso universitario perché venne richiamato sotto le armi per svolgere il servizio di leva. Ammesso al corso allievi ufficiali nella scuola di Potenza, fu assegnato alla specialità leggera motorizzata del corpo d’artiglieria. Terminato il percorso di formazione militare, il 5 settembre del 1943 si vide destinato al comando di Asti in qualità di sottotenente d’artiglieria.

Fu proprio in questa destinazione che si trovò al momento dell’annuncio della ratifica dell’armistizio di Cassibile che, ponendo fine alle ostilità con gli angloamericani, lasciava aperto il nodo circa l’atteggiamento da mantenere davanti all’ex alleato germanico. Vista l’impossibilità di organizzare il proprio reparto a causa dell’ambiguità delle direttive emanate dai comandi militari, P. non poté evitare che gli uomini sotto il suo comando venissero disarmati dai tedeschi, che imposero l’immediata resa delle forze italiane. Fu in questo contesto che il giovane, messo davanti alla possibilità di rimanere in patria accettando di continuare a combattere tra le fila della Wehrmacht, decise di rifiutare ogni compromesso con i nazisti e venne deportato con i commilitoni che fecero la stessa scelta nel campo di concentramento polacco di Thorn, situato nel distretto di Danzica.

Nel periodo trascorso in internamento, P. rifiutò a più riprese l’offerta di un ritorno in patria condizionato alla sua adesione ad entrare tra i ranghi dell’esercito tedesco o di quello, in formazione, della Rsi. Inoltre, pur sollecitato dalla promessa di migliori condizioni di vita, egli non accettò mai di essere privato del suo grado di ufficiale del Regio esercito per essere considerato un lavoratore volontario dell’apparato industriale tedesco. Proprio di queste continue richieste egli scrisse a più riprese nel suo diario: «A patate per costrizione. Quali umiliazioni per conto di questi nostri “padroni”. Non sono libero lavoratore, solo chi vi aderì è tale e i segni caratteristici di questo periodo… persistono tuttora… Adunata come al solito… si vocifera per il lavoro, speriamo non sia vero… meglio scarnarsi nell’obbligato digiuno che dare collaborazione a “questa gente”… Esce una prima lista di uff. per essere inviati obbligatoriamente al lavoro, per ora non ci sono ancora». Così, inoltre, descrisse le dure condizioni che insieme ai suoi compagni era costretto a sopportare nel campo a causa della sua volontà a non piegarsi alle richieste tedesche: «Alle otto mi corico sulle dure assicelle del castello. Nevica assai. Intanto ci danno un altro straccio di coperta così ne abbiamo… di stracci però… Nevica assai; stamane all’adunata abbiamo 14 gradi sottozero… Bagno schifoso, freddo… però mi dà modo di cambiarmi, di pulirmi, perché dopo un mese, tra viaggio su un carro bestiame in 57 e altri 15 giorni di dormir per terra, per forza si è sudici. Tutti fuori dopo la sbobba, bagagli in spalla e via. Rivista ai bagagli, depredazione si può dire, chi dimenticherà la roba abusivamente sottratta?».

Ben presto, comunque, per P. cominciò un’odissea che lo portò in pochi mesi ad essere trasferito in diversi campi tra Polonia e Germania. Dopo aver lasciato lo stalag di Thorn, infatti, ai primi di ottobre fu portato a Nord Kaserme di Czestochowa, un mese dopo a Przemysl e a metà gennaio del 1944 fu internato a Hammerstein nel distretto di Stettino, sempre in Polonia, fino all’inizio dell’ottobre dello stesso anno. Fu in questa destinazione che, insieme ad altri compagni, nell’agosto del 1944 ebbe modo di collaborare alla fondazione e prendere parte alle attività del circolo Giac che sorse all’interno del campo e fu intitolato alla memoria di Renato Sclarandi, giovane socio della Gioventù torinese, che qualche mese prima era stato trucidato da una guardia tedesca. Il 16 settembre, durante un’adunanza del gruppo, fece da relatore per una conferenza su «Il movimento Juniores».

Costretto nuovamente a un trasferimento per l’avanzare del fronte, il 14 ottobre arrivò al campo di Norimberga e vi rimase fino al 2 febbraio del 1945. Il 6 febbraio, infatti, venne trasferito a Gross-Hesepe (Meppen), al confine con l’Olanda. Tra le notizie degli spostamenti e delle condizioni di vita nei diversi campi, nelle pagine di diario di P. vi si scorge sovente anche la manifestazione della sua formazione religiosa e spirituale: «Dopo pranzo leggo e medito intorno a S. Paolo, lettera ai Romani. Mi leggo S. Agostino: modo di pregare il Signore con la bocca e con le opere. Medito in S. Agostino “Dacci oggi il pane quotidiano” materiale e spirituale. Adunata, dopo scrivo e medito sul libro Imitazione di Cristo. Necessità delle tentazioni affinché l’uomo avanzi nel bene spirituale. “Rivolgi gli occhi a te stesso ed evita di giudicare i fatti degli altri”… Medito sulla morte e leggo in S. Agostino il vero amore del prossimo». I tedeschi lasciarono il campo definitivamente il 5 aprile del 1945, in concomitanza con l’arrivo delle truppe alleate. Il 29 dello stesso mese egli si vide quindi trasferito in quello di Neu Versen da dove riuscì a rimpatriare solamente il successivo 9 settembre.

Tornato a Offanengo, P. venne assunto come maestro presso le scuole elementari di Camisano, Bottaiano, Crema e, infine, proprio nel suo paese natale. Dal 1947 al 1949 insegnò matematica al liceo scientifico Leonardo da Vinci di Crema. Desideroso di riprendere gli studi, ai quali fu costretto a rinunciare a causa della chiamata sotto le armi, decise di iscriversi alla facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università degli studi di Pavia, laureandosi nel 1952. Nell’immediato dopoguerra, inoltre, prese parte tra le liste della Dc alle prime consultazioni amministrative del paese vedendosi eletto sindaco a soli ventisei anni. Fu questo il primo passo di una lunga carriera politica che lo portò, nel tempo, a venir eletto prima come deputato, dal 1958 al 1972, poi senatore, dal 1972 al 1976. A questo, inoltre, fece corrispondere un serio impegno nelle file dell’Azione cattolica visto che si vide designato a più riprese nella carica di presidente della giunta parrocchiale dell’Azione cattolica di Offanengo, nonché membro della giunta e del consiglio diocesano dell’associazione dal 1955 al 1958, con l’incarico di delegato per le attività sociali. P. si è spento a Offanengo il 30 maggio 1983.

Fonti e bibliografia

  • Fabio Forner, Narciso Franco Patrini (1920-1983). Un cattolico al servizio del suo Paese, Franco Angeli, Milano 2009.
  • Franco Raimondi, Franco Patrini. Dalla prigionia alla politica, in R. Dasti (a cura di), Dritti nella tempesta. Storie cremasche della Seconda guerra mondiale, Cec, Crema 2015, pp. 203-206.
  • Narciso Franco Patrini, Narciso Franco Patrini n.26883: scritti dalla prigionia, Sollicitudo arti grafiche, Lodi 2013.

Hanno fatto parte di Gioventù italiana di Azione cattolica anche:

ISACEM – Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI
Via Aurelia, 481 – 00165 Roma. Tel. 06.66 27 925 – 06.66 132 443 – info@isacem.it

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