Ennio Proietti nacque il 3 maggio del 1919 a Tolentino, in provincia di Macerata, da Umberto e Lucia Matteacci. Cresciuto in una famiglia dalla forte tradizione cattolica, fin da giovanissimo fece parte del circolo Giac «San Francesco», attivo presso la parrocchia della basilica San Nicola del paese natale, prima come aspirante e poi come socio effettivo. Dimostratosi particolarmente dedito alle attività e zelante negli impegni associativi, nel corso del tempo venne nominato prima delegato Aspiranti e, quindi, vicepresidente parrocchiale.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale venne richiamato per assolvere agli obblighi di leva e, dopo un breve periodo di formazione militare, gli fu assegnato il grado di maresciallo d’artiglieria e si vide destinato a una divisione di fanteria del Regio esercito. Alla data dell’armistizio, per non essere costretto ad arruolarsi nella Wehrmacht o vedersi deportato in Germania, decise di lasciare il proprio posto e far ritorno a casa dove rimase per qualche mese nascosto presso l’abitazione familiare.
Richiamato nuovamente sotto le armi dai bandi di reclutamento emanati dal generale Graziani, nel marzo del 1944 decise di porsi alla testa di un gruppo di soci del circolo Giac di Tolentino e di raggiungere le formazioni partigiane attive nel maceratese. Inseritosi tra le fila del battaglione Nicolò della brigata Garibaldi Spartaco, allora guidata da Achille Barilatti, grazie alle sue capacità militari venne designato nel ruolo di comandante di una squadra impegnata in operazione di sabotaggio e di recupero di armamento e munizioni. In poco tempo la formazione si attestò nel territorio del comune di Montalto di Cessapalombo dove, visto il supporto ricevuto dalla popolazione locale, ebbe modo di posizionare il proprio comando per il coordinamento delle attività clandestine.
Il 22 marzo successivo, durante una vastissima operazione di rastrellamento condotta dal 1° battaglione M Camicie nere «IX Settembre» allo scopo di fiaccare la Resistenza nella zona sud delle Marche, P. venne raggiunto e catturato insieme a diversi compagni senza che potesse approntare la seppur minima azione di contrasto alle forze nemiche. Durante la stessa giornata i militi fascisti procedettero all’immediata fucilazione dei trentadue partigiani fermati e di due civili accusati di supportare le attività dei ribelli. Questo tragico episodio venne ricordato nel dopoguerra come l’«eccidio di Montalto» e nel luogo della strage fu costruito un monumento in memoria dei caduti per mano fascista.