Omero Ciai nacque a Roma il 7 luglio del 1923 da Mariano e Ines Passariello, primo di cinque figli. Compì gli studi medi presso il collegio Santa Maria della capitale, dove ebbe modo anche di partecipare alle attività dell’associazione giovanile interna dell’Azione cattolica. Conseguita la maturità classica nel medesimo istituto, si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Roma La Sapienza, per poi passare, l’anno successivo, alla Facoltà di Ingegneria.
Grande appassionato di alpinismo e di montagna, fece parte della sezione romana del Club alpino italiano e portò a termine ardue scalate sul Gran Sasso tanto che, ancora oggi, uno dei percorsi ferrati da lui aperti porta il suo nome. Allo scoppio della II Guerra mondiale volle arruolarsi in qualità di volontario nel corpo degli Alpini e, nel corso di una breve licenza che decise di trascorrere sul massiccio del Gran Sasso, venne raggiunto dall’improvvisa notizia della firma dell’armistizio di Cassibile che poneva fine alle ostilità con le forze angloamericane ma lasciava aperto, in maniera drammatica, il nodo circa i rapporti da mantenere con gli ex alleati germanici.
Deciso a schierarsi con il movimento di Resistenza che si andava organizzando contro l’occupazione tedesca, C. si impegnò fin da subito in una fervente attività di assistenza e supporto nei confronti di tutti quei prigionieri, in larga parte inglesi, che erano riusciti a fuggire dai campi di concentramento della zona nel corso degli eventi che seguirono l’8 settembre e che tentavano di non essere individuati e deportati in Germania. Quando divenne troppo pericoloso continuare questa attività, tentò di mettersi in contatto con i comandi militari del governo di Brindisi per inserirsi tra le fila del costituendo Corpo italiano di liberazione ma, vista l’impossibilità di passare la linea del fronte, preferì spostarsi in Val d’Aosta dove si unì a una formazione partigiana.
Durante un’operazione con il suo gruppo, però, fu catturato da una pattuglia di frontiera francese e condotto in Germania dove venne costretto a effettuare un rapido periodo di formazione militare e ad arruolarsi nell’esercito della Rsi, inquadrato nella divisione alpina Monterosa. Come molti suoi commilitoni, però, C. sfruttò l’occasione di servire per qualche tempo l’apparato fascista per essere sicuro di non essere internato in qualche campo tedesco e per vedersi rimpatriato in breve tempo. L’eventualità si concretò quando il suo reparto venne spedito, nel luglio del 1944, nel territorio occupato, nei pressi di Chiavari, dove egli ebbe l’opportunità di lasciare la guarnigione e unirsi alla divisione garibaldina Coduri, operante sui monti della Liguria. Assegnato alla brigata Dall’Orco, assunse il nome di battaglia di «Maitardi» e a più riprese ebbe modo di distinguersi nel corso di diversi combattimenti contro le truppe nazifasciste tanto da meritarsi la nomina prima a capitano, quindi a vice comandante e, infine, a capo di stato maggiore della brigata con il grado di tenente.
Il 6 febbraio 1945 – tuttavia la data risulta ancora incerta visto che secondo altre fonti, tra cui la motivazione della medaglia d’oro, l’ultimo giorno della sua vita sarebbe da anticipare al 22 gennaio – si trovò nella zona di Sestri Levante nel corso di una vastissima opera di rastrellamento condotta dalle forze nazifasciste e, riconosciuto da una pattuglia come uno dei maggiori esponenti della Resistenza ligure, dopo un brevissimo scontro a fuoco non riuscì a evitare la cattura e venne posto in stato di arresto. Interrogato sommariamente, volle reagire con sdegno agli insulti che in sua presenza vennero espressi dai suoi aguzzini circa il contegno dell’Italia e dei suoi vertici militari nel corso del conflitto, e per questo motivo fu trucidato sul posto con colpi di mitragliatrice.
Al termine della guerra, l’Università degli studi di Roma La Sapienza conferì alla sua memoria la laurea honoris causa in Ingegneria. Successivamente, in ricordo del suo sacrificio, venne decretata la medaglia di bronzo al valor militare che, con decreto presidenziale del 1964, fu convertita in medaglia d’oro con la qualifica di partigiano combattente con la seguente motivazione: «Giovane combattente, durante la lotta di liberazione si distingueva in numerose azioni per decisione e coraggio tanto che gli venivano affidati importanti incarichi di comando, sempre assolti col più elevato senso di responsabilità. Catturato nel corso di un combattimento, manteneva eroico contegno reagendo con fierezza agli insulti vilmente pronunziati contro l’Italia dai nemici che lo detenevano. Per tale virile atteggiamento veniva trucidato. Zona di Sestri Levante, 22 gennaio 1945».