Bettinzoli Mario

Mario Bettinzoli
Immagine: «Il Ribelle», 26 marzo 1944
Nome: Mario
Cognome: Bettinzoli
Nome di battaglia: Adriano Grossi
Luogo di nascita: Brescia
Data di nascita: 21/11/1921
Luogo di morte: Brescia
Data di morte: 24/02/1944
Ramo di Azione cattolica:

Sommario

Note biografiche

Mario Bettinzoli nacque a Brescia il 21 novembre del 1921 da una famiglia di modeste condizioni economiche. Dopo gli studi elementari e medi, si iscrisse all’istituto professionale Moretto dove ottenne il diploma di perito industriale. Successivamente, volendo essere utile alle finanze familiari, coadiuvò i genitori che possedevano un’attività di vendita al dettaglio di prodotti alimentari e merci varie. Durante questo periodo, inoltre, fu attivo tra le fila del circolo della Giac della parrocchia di San Giovanni Bosco della città lombarda. Nel tempo, visto il suo costante impegno e la dedizione espressa verso l’associazione, gli venne assegnato il compito di delegato Aspiranti.

Nel dicembre del 1941 venne richiamato sotto le armi per svolgere il servizio di leva. Ammesso al corso per allievi ufficiali a Nocera Inferiore, in provincia di Salerno, dopo il periodo di formazione militare venne promosso al grado di sottotenente di complemento d’artiglieria e assegnato alla caserma della Cecchignola, a Roma. Nelle giornate successive alla ratifica dell’armistizio di Cassibile partecipò, insieme ad altri militari della sua batteria, al tentativo di difesa della capitale contro l’occupazione nazista. Catturato durante i combattimenti, venne posto in stato di arresto e, successivamente, condannato a morte da un tribunale militare tedesco. Riuscito a evadere dal carcere dove si trovava in attesa dell’esecuzione, B. decise di far ritorno nella sua città natale e di prendere contatti con il movimento resistenziale che andava costituendosi nella zona del bresciano.

Nell’ottobre del 1943, preoccupato per la sua posizione di renitente alla leva, decise di rifugiarsi nella Val Sabbia dove, insieme all’amico Giacomo Perlasca, ebbe modo di organizzare le prime formazioni partigiane della zona. In questo periodo, in un quaderno di appunti personali, scrisse riferendosi a un non precisato amico: «Vorrei scriverti e non posso, vorrei comunicare con te e la situazione me lo impedisce; tu penserai chissà che cosa di me, fantasticherai chissà quali congetture, oppure penserai ad una eventuale malattia o imprigionamento da parte dei tedeschi o italiani tedeschizzati. No, niente di tutto questo, almeno per ora. Per grazia di Dio, Mario è ancora libero, è in un luogo sicuro ed attende con fiducia la soluzione di questo conflitto che a molte persone ha portato lutto e dolori. No, Mario attende e presto verrà a trovarti, perché presto la Germania cederà le armi, una tremenda rivoluzione insanguinerà il suo territorio ancora lontano dalla guerra, ignaro delle miserie e delle privazioni complete che questo conflitto ha portato a molti paesi, non esclusa purtroppo l’Italia, colpevole di aver creduto a Mussolini ed alla sua dottrina, colpevole di non averlo saputo abbattere al momento opportuno, colpevole di coniglismo quando, accortasi dell’inganno, non ha reagito liberandosi dalla schiavitù». Nella sua attività resistenziale si distinse fin da subito nell’opera di coordinamento con il Comando provinciale di Brescia e per i contatti che riuscì a mantenere con gli alleati per preparare e condurre in porto gli aviolanci di armi e munizioni. Assunto il nome di copertura di «Adriano Grossi», divenne vicecomandante del battaglione «Valsabbia» delle Fiamme Verdi che lui stesso aveva costituito e, successivamente, comandante della 3ª compagnia.

Il 18 gennaio del 1944, mentre si stava recando a Brescia insieme a Perlasca per far rapporto al Comando provinciale, venne raggiunto da una pattuglia della polizia federale fascista guidata da un delatore. I militi repubblichini, riconosciuti immediatamente i due partigiani, li posero in stato di arresto e li consegnarono alle autorità germaniche. Per tre giorni i due giovani vennero interrogati, torturati e duramente percossi al fine di indurli a rivelare informazioni utili all’individuazione della cellula resistenziale a loro collegata. Trincerati dietro un ostinato silenzio, vennero quindi trasferiti nelle carceri cittadine in attesa del processo. Dopo circa un mese di detenzione, il 14 febbraio 1944 il tribunale militare tedesco, a seguito di un sommario processo, emise la sentenza di condanna a morte per entrambi gli imputati.

Dieci giorni più tardi, B. venne trasferito alla caserma del 30° reggimento artiglieria di Brescia e condotto davanti a un plotone di giovani militi fascisti che, in ottemperanza a quanto stabilito, lo fucilò. Il giorno prima di morire il giovane chiese di poter scrivere un’ultima lettera alla famiglia nella quale, tra l’altro, ricordava anche i suoi compagni d’Azione cattolica: «Il Signore ha deciso, con i suoi imperscrutabili disegni, che io mi staccassi da voi tutti quando avrei potuto essere di aiuto alla famiglia: sia fatta la sua Santa Volontà. […] Tutta la vita è una prova, io sono giunto alla fine, ora ci sarà l’esame, purtroppo ho fatto molto poco di buono; ma almeno muoio cristianamente e questo deve essere per voi un gran conforto. Vi chiedo scusa se mi sono messo sulla pericolosa via che mi ha portato alla morte, senza chiedervi il consenso; ma spero mi perdonerete come il Signore mi ha perdonato qualche minuto fa per mezzo del suo ministro. Domattina prima dell’esecuzione della condanna farò la S. Comunione e poi… Ricordatemi ai Reverendi Salesiani e ai giovani di A.C. affinché preghino per me». Nel dopoguerra alla memoria di B. venne decretata la medaglia di bronzo al valor militare.

Onorificenze

Fonti e bibliografia

  • Isrb, b. 54, fasc. 1.
  • Mario Bettinzoli, in «Il Ribelle», 26 marzo 1944.
  • Rolando Anni, Dizionario della Resistenza bresciana, Morcelliana, Brescia 2008, pp. 50-51.
  • Piero Malvezzi, Giovanni Pirelli (a cura di), Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana: 8 settembre 1943-25 aprile 1945, Einaudi, Torino 2003, pp. 39-40.
  • Dario Morelli, Scritti incontro alla morte ( Ballardini, S. Belleri, M. Bettinzoli, G. Cappellini, L. Ercoli, F. Franchi, E. Margheriti, F. Moretti, T. Olivelli, G. Pelosi, G. Perlasca, R. Petrini, E. Rinaldini, F. Rinaldini, G. Venturini, G.B. Vighenzi),in «La Resistenza bresciana: rassegna di studi e documenti dell’Istituto storico della Resistenza bresciana», 23 (1992), 1, pp. 17-61.

Hanno fatto parte di Gioventù italiana di Azione cattolica anche:

ISACEM – Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI
Via Aurelia, 481 – 00165 Roma. Tel. 06.66 27 925 – 06.66 132 443 – info@isacem.it

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