Nasce a Jesi il 22 agosto 1893, tipografo, cattolico, autodidatta.
Sotto l’influenza di don Battistoni e di don Cappannini inizia giovanissimo la sua militanza nel movimento cattolico. A 16 anni è segretario del circolo giovanile «Don Albertario». Due anni dopo è redattore de «L’Ora presente» di ispirazione murriana e corrispondente di giornali cattolici nazionali. Nel 1915 è gerente responsabile de «L’Aurora», organo dei circoli giovanili cattolici della vallesina e de «Il Contadino», organo della Federazione delle unioni agricole cattoliche. Comincia nel 1913 la sua attività sindacale nell’Ufficio cattolico del lavoro e a fianco dei contadini in sciopero.
Durante la guerra C. lascia Jesi, dove già c’è una tipografia cattolica e ne apre un’altra a Osimo. Trasferitosi qui, assume la direzione de «La Favilla», spesso in polemica con l’anticlericale «La Sentinella». Si batte ancora a favore dei contadini e, in particolare, per la riduzione dell’orario di lavoro.
Tra i fondatori del Ppi, C. ne interpreta l’anima sociale, non lontano dalle idee di Miglioli, che esprime sul periodico della locale sezione del partito, «La Torre». In questo periodo continua il suo impegno sindacale e nel luglio del 1919 guida la lotta contro il caroviveri. A ottobre è tra gli organizzatori dello sciopero dei contadini e gira tra Castelfidardo e l’osimano a tenere comizi a nome dell’Unione del lavoro di Ancona, aderente alla Cil. Le manifestazioni si concludono con la conquista di un nuovo patto colonico. Nell’occasione polemizza pubblicamente con il segretario della Camera del lavoro di Ancona, Angelo Sorgoni, che, a suo avviso, si è appropriato della vittoria e vorrebbe continuare la lotta anche dopo la cessazione dello sciopero.
Nel febbraio del 1920 è chiamato a dirigere l’Unione del lavoro di Ancona, a riconoscimento del suo impegno sindacale. Qui si trova a combattere su due fronti: da un lato le chiusure dei proprietari e, dall’altro, la concorrenza del socialisti, soprattutto tra i contadini, tentati in più di un caso a traslocare verso le più combattive leghe rosse, in un’epoca in cui la rivoluzione può apparire più affascinante della non semplice piccola conduzione privata. In proposito significativo è, in aprile, il contraddittorio a Camerano con il socialista Guido Molinelli, dove si arriva a confrontare socialismo e cristianesimo proprio partendo dal diverso modo di intendere le lotte dei contadini. In questa occasione, come in altre, però, C. (che pure nella campagna elettorale del 1921 è oggetto di violenze da parte dei militanti della sinistra) non esclude contaminazioni e alleanze tra cattolici e socialisti, purché questi abbandonino le idee rivoluzionarie.
Come giornalista dirige nella primavera del 1920 «Il Solco», settimanale dell’Unione del lavoro di Ancona e fino al settembre del 1921 è gerente responsabile de «L’Idea popolare», settimanale provinciale del Ppi. L’anno successivo fonda e dirige «Leghe bianche», combattivo periodico del “proletariato cristiano”, chiuso poi definitivamente con l’avvento del fascismo.
Nel 1921 partecipa al Congresso di Torino del Ppi ed entra nel Consiglio nazionale in rappresentanza della corrente di sinistra. Sempre più convinto dell’unità tra i partiti popolari, nell’estate del 1922 vi è da parte sua e del comunista Sante Barbaresi un estremo accenno ad aprire un dialogo in funzione antifascista. Ma è solo un tardivo tentativo di approccio che nell’immediato non può avere conseguenze.
Nel 1925, a causa della malattia della moglie, non può essere a Roma all’ultimo congresso del Ppi e delega l’amico Alberto Canaletti Gaudenti. Nello stesso anno apre ad Ancona un negozio di cancelleria e lavora come agente di assicurazioni. Padre di tre figli, subisce la persecuzione del regime e tra il maggio e il luglio del 1943 finisce anche in carcere. Durante i 45 giorni fa parte della Concentrazione antifascista e poco prima dell’8 settembre viene nominato segretario dell’Unione provinciale dei lavoratori dell’agricoltura.
Tra il 1943 e il 1944 rappresenta i cattolici nel Comitato di liberazione delle Marche, diventando il riferimento più importante dell’antifascismo cattolico e dei partigiani che a esso si ispirano. Spesso si tratta di giovani parrocchiani influenzati da preti ostili al regime e all’invasore tedesco.
Dopo la liberazione fa parte della Consulta regionale, organo che sorge nell’autunno del 1944. Sin dalla prima seduta prefigura l’ente Regione ed è costituito dai membri dei comitati provinciali di liberazione. C., definito nei verbali «il compagno democristiano», si batte, tra l’altro, per il ritorno al sistema proporzionale anche nelle elezioni amministrative.
È tra i fondatori della Dc, da lui intesa come partito dei lavoratori cristiani, classista e non interclassista. Fonda, stampa e dirige nel luglio del 1944 il giornale «Libertas» (poi «Libertà»). Qui esprime le sue idee di cattolicesimo sociale quasi radicale, classista e antiborghese, con un’attenzione particolare al mondo contadino, vagheggiando il vecchio sogno di trasformare i mezzadri in piccoli proprietari. Alla fine del 1944 sostiene il patto provinciale tripartito della Dc con il Pci e il Psi, vedendo in queste forze politiche la rappresentanza dei lavoratori, in antagonismo ai partiti “borghesi”, quali il Pda e il Pli.
Garantisce la presenza della Dc nella rinata Cdl, non senza contrasti con la componente comunista, come al primo congresso della Federterra, nel settembre del 1945, dove ha un diverbio con Zingaretti proprio sulla questione della proprietà e sul tentativo dei comunisti di egemonizzare l’organizzazione unitaria. Stretto tra due morse della tenaglia (una Dc che apre al padronato e un Pci poco convinto di un’azione davvero unitaria), vede scemare ogni giorno di più i suoi margini di manovra.
Sindaco di Loreto dopo la liberazione e capogruppo consiliare al comune di Ancona, si batte per la repubblica nel referendum istituzionale. Al secondo Congresso provinciale della Dc (Jesi, 8 settembre 1945) è sostituito da Umberto Delle Fave alla segreteria provinciale. La carica di vice che per ora gli resta è l’inizio di un progressivo allontanamento dalla guida della Dc anconetana.
Muore ad Ancona il 18 gennaio 1959.