Giuseppe Giraudo nacque a Boves, in provincia di Cuneo, il 25 maggio del 1925 da Antonio e Anna Maria Ansaldi. Fin da giovanissimo fece parte del circolo Giac San Tommaso d’Aquino, frequentato peraltro anche da Carlo Cavallera e Giuseppe Lerda che, come lui, dopo l’8 settembre si impegnarono in vario modo nel movimento resistenziale.
Dopo aver atteso agli studi elementari e medi presso la città natale, G. decise di abbandonare il proprio percorso scolastico per trovare un lavoro che gli permettesse di contribuire alle modeste finanze familiari e venne assunto come falegname in una azienda locale. Nei primi mesi del 1943, ancora diciottenne, volle presentarsi al distretto militare di Cuneo per essere reclutato sotto le armi e, dopo un breve periodo di formazione militare, si vide destinato alla zona di occupazione in Francia. Proprio in questa destinazione si trovava quando venne raggiunto dalla notizia della caduta del regime e, successivamente, da quella della ratifica dell’armistizio di Cassibile che poneva ufficialmente fine alle ostilità con gli angloamericani ma, al contempo, lasciava drammaticamente aperto il nodo circa l’atteggiamento da tenere davanti agli ex alleati germanici. Vista l’ambiguità delle direttive provenienti dagli alti comandi e l’incertezza della posizione dei soldati italiani all’estero, il giovane decise di lasciare il proprio posto per non rischiare di cadere nelle mani dei tedeschi ed essere internato nei campi nazisti e fece ritorno a Boves.
Dopo aver trascorso qualche giorno a casa, si dimostrò desideroso di dare il proprio contributo alla causa resistenziale. Decise quindi di prendere contatti e aggregarsi ai primi nuclei di militari che, dopo essersi sbandati, si stavano riunendo sotto la guida di alcuni ufficiali – tra i quali vi fu anche Ignazio Vian, socio della Fuci di Roma e futura medaglia d’oro al valor militare – che tentavano di organizzare una valida presenza in Valle Stura per opporsi alla dura occupazione tedesca.
Fu proprio nei primi giorni di militanza partigiana che G. si trovò ad assistere inerme agli eventi del tristemente noto eccidio di Boves che, nell’arco della tragica giornata del 19 settembre, portò all’uccisione di ventitré civili e all’abbattimento di più di trecento case ad opera dei nazisti. La violenta rappresaglia fu condotta da un reparto della 1ª divisione corazzata Leibstandarte-SS Adolf Hitler agli ordini dello SS-Sturmbannführer Joachim Peiper al fine di stroncare sul nascere le sacche di resistenza che andavano formandosi nella zona e per lanciare un monito alla popolazione rea, secondo i tedeschi, di dare ampio sostegno ai ribelli sulle montagne.
Dopo un breve periodo di riorganizzazione dovuto allo sfaldamento delle fila, il gruppo partigiano rincominciò la propria attività nel territorio montuoso intorno a Boves per dimostrare di non voler cedere alla tragica dimostrazione degli occupanti. Dopo aver dimostrato il proprio valore in diverse operazioni di sabotaggio e guerriglia, durante un’azione condotta nel giorno di Natale del 1943 dalla sua formazione nella zona di Bainette, in provincia di Cuneo, G. cadde vittima di un’imboscata tesa da un manipolo di militi nazifascisti che lo colsero mentre era intento a difendere il ripiegamento dei suoi compagni.