Marconi Pasquale

Pasquale Marconi
Immagine: EmiliaRomagnanews
Nome: Pasquale
Cognome: Marconi
Nome di battaglia: Franceschini
Luogo di nascita: Rosano di Vetto
Provincia/stato: Reggio Emilia
Data di nascita: 18/02/1898
Luogo di morte: Castelnovo Monti
Provincia/Stato morte: Reggio Emilia
Data di morte: 06/05/1972
Ramo di Azione cattolica:
Partito politico:

Sommario

Note biografiche

Pasquale Marconi nacque il 18 febbraio 1898 a Rosano, frazione di Vetto, in provincia di Reggio Emilia, da Emilio e Leonilde Corradini. La famiglia era di modeste condizioni economiche: il padre era contadino e fu costretto a emigrare in Francia a lavorare in una cava di pietre, mentre la madre era venditrice ambulante di cestini di vimini. Dopo aver frequentato a Casella due anni di elementari nella pluriclasse tenuta dalla maestra Tebalda Manfredini, all’apertura della scuola nella frazione dove era nato e abitava, frequentò altre due classi sotto Filomena Teggi, alla quale fu affidato l’incarico dell’insegnamento anche senza il titolo, per poi concludere il ciclo a Castelnovo Monti, dove si recava a piedi insieme al cugino. Superato l’esame di ammissione, M. frequentò il ginnasio nel seminario di Marola, che era stato aperto per coltivare le vocazioni maschili dell’area montana. Non sentendo questa opzione, dopo i cinque anni, superato l’esame di ammissione, nel 1915 fu ammesso al liceo classico Ariosto di Reggio Emilia, trovando alloggio presso la canonica della parrocchia di Mancasale, retta da don Luigi Cervi, al quale offriva i servizi più disparati. Fu in questo periodo che si iscrisse alla Gioventù italiana di Azione cattolica, divenendo subito un propagandista del modello nelle parrocchie vicine. L’appartenenza associativa rappresentò una costante che lo induceva a iscriversi nei rami specifici delle parrocchie dove abitava, frequentando costantemente le attività e impegnandosi nell’apostolato. Per evitare il rischio di essere chiamato alle armi senza aver completato gli studi superiori, decise di anticipare di un anno l’esame di licenza liceale, che superò nel 1917. Per l’andamento bellico, M. fece rapidamente le tappe del servizio militare, prima a Monza, poi alla Scuola militare, in seguito denominata Accademia, di Modena, per poi essere inviato come aspirante ufficiale di complemento al fronte, dove nella battaglia di Caporetto fu fatto prigioniero e internato in Germania. Rientrato dalla prigionia e ottenuta l’esenzione per il completamento del servizio di leva, si iscrisse alla Facoltà di Medicina dell’Università di Modena, usufruendo del beneficio concesso a quanti erano stati in guerra. Passato direttamente al III anno, nel 1923 si laureò e, dopo l’iscrizione all’albo, fu assistente volontario all’ospedale di Reggio Emilia. Nel frattempo, nel 1921 si era sposato con Irma Cabassi, conosciuta nel periodo di soggiorno a Mancasale, con la quale avrebbe avuto dieci figli. Durante gli studi universitari, si iscrisse anche al Partito popolare italiano, nelle cui liste fu eletto in Consiglio comunale del capoluogo reggiano. L’avversione nei confronti del fascismo lo portò all’allontanamento dalla struttura ospedaliera, nella quale, dopo aver compiuto servizi di sostituzione di medici condotti nella provincia, rientrò nel reparto di chirurgia. Su suggestione di un collega, M., portando a maturazione un antico progetto, nel 1931 aprì un ospedale a Castelnovo Monti, che serviva l’intera area appenninica, divenendone di fatto direttore. Nel 1934, dopo aver sistemato la questione del sanatorio annesso, riuscì ad aprire all’interno dell’ospedale il Piccolo Cottolengo, nome ispirato alla realtà di Torino, nel quale furono accolti gratuitamente malati in condizione di indigenza, disabili fisici e persone affette da problemi psichici. L’attenzione rispondeva non solo alla deontologia professionale ma soprattutto alla fede vissuta in povertà, secondo uno stile che anche simbolicamente visse a partire dalla seconda metà degli anni Trenta, quando cominciò a calzare abitualmente i sandali come i francescani, di cui era membro del terz’ordine. La contrarietà al fascismo, accentuatasi con l’ingresso dell’Italia in guerra, si fece ancora più stringente dopo la caduta di Mussolini, quando partecipò alle riunioni clandestine che avrebbero portato alla nascita della Democrazia cristiana. M. fu anche a Roma, dove, per il tramite del cardinale Giovanni Mercati di origine reggiana, riuscì a incontrare Alcide De Gasperi. In seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943, si prodigò per assistere i prigionieri alleati fuggiti dai campi di prigionia, per sostenere i militari sbandati e poi per indurre alla scelta resistenziale i giovani che non intendevano rispondere ai bandi di arruolamento della Repubblica sociale italiana. Già alla fine di settembre, come rappresentante della componente cattolica, partecipò alla fondazione del Comitato di liberazione nazionale di Reggio Emilia. Dopo aver reclutato le staffette partigiane per il servizio che stava prendendo forma, nel dicembre successivo, come responsabile dell’ordine pubblico di Castelnovo Monti, accorse in piazza, mentre stavano caricando un gruppo di ebrei libici di origine britannica per la deportazione, protestando vibratamente con l’ufficiale fascista e abbracciandoli tutti. Rimosso dall’incarico, continuando l’attività iniziata dopo l’8 settembre, soprattutto attraverso la cura dei feriti, il 3 aprile 1944 fu arrestato dopo essersi interessato per salvare il paese di Cerrè Sologno da un nuovo eccidio che avrebbe fatto seguito a quello del 20 marzo compiuto a Cervarolo, nell’ambito di un’operazione militare congiunta che aveva portato a uno scontro armato con i partigiani, costato anche il ferimento dei comandanti, poi curati all’ospedale di Castelnovo Monti. Tradotto nel carcere di San Tommaso a Reggio Emilia e spostato a San Francesco a Parma, fu assolto dal Tribunale speciale dall’accusa di «favoreggiamento ai partigiani». M. decise allora di unirsi alle formazioni partigiane sull’Appennino, mettendo al servizio della Resistenza le proprie competenze mediche e scegliendo il nome di copertura di «Franceschini». Nominato responsabile del servizio sanitario, come rappresentante della Democrazia cristiana divenne vicecommissario generale del Comando unico in montagna, senza enfatizzare la tensione che si stava registrando tra le Brigate Garibaldi comuniste e le Fiamme Verdi cattoliche ma adoperandosi per il rispetto dei prigionieri perché fossero sottoposti al Tribunale partigiano, nel quale svolgeva la funzione di difensore ufficiale. M. non solo si impegnò per rinfoltire la presenza cattolica nel partigianato ma si interessò anche di ottenere l’assistenza religiosa tramite i cappellani nelle formazioni combattenti. Nel dopoguerra, rimase impegnato nella Dc, riuscendo eletto all’Assemblea costituente, che visse come il momento necessario per consacrare il nuovo Stato da costruire dopo il crollo del regime fascista. Per tre legislature, dal 1948 al 1963, sedette sui banchi di Montecitorio, facendosi interprete delle posizioni più moderate del partito, attraverso in particolare l’appoggio al riarmo italiano e poi l’ostilità all’apertura a sinistra con l’opposizione strenua alla nazionalizzazione dell’energia elettrica. Da deputato fu costantemente attento a promuovere gli interessi dell’Appennino reggiano, che curò anche come sindaco dal 1956 del comune nativo di Vetto, che gli dedicò una piazza. Morì a Castelnovo Monti il 6 maggio 1972.

Fonti e bibliografia

  • Francesco Milani, La penna e la voce del dr. Pasquale Marconi, Tipografia Casoli, Castelnovo Monti 1975.
  • Sandro Spreafico, I cattolici reggiani dallo Stato totalitario alla democrazia: la Resistenza come problema, 5 voll. Tecnograf, Reggio Emilia, 1986-2001, passim.
  • Teresa Muratore, Il medico scalzo. Pasquale Marconi nella storia del Novecento italiano, Aliberti, Reggio Emilia 2012.

Hanno fatto parte di Unione uomini di Azione cattolica anche:

ISACEM – Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI
Via Aurelia, 481 – 00165 Roma. Tel. 06.66 27 925 – 06.66 132 443 – info@isacem.it

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