Mario Mencatelli nacque a Montepulciano, in provincia di Siena, il 19 ottobre 1924 da Teodoro, operaio edile, e Silvia Pelli. Cresciuto in una famiglia di modeste condizioni economiche, lasciò ben presto gli studi per dare il proprio contributo alle finanze dei genitori. Assunto in qualità di apprendista panettiere in una bottega del centro del paese natale, ebbe modo di svolgere questa professione fino al settembre del 1943. Nel corso del tempo, inoltre, fece attivamente parte del circolo Giac «Santo Stefano» di Montepulciano ed ebbe modo di ricoprire la carica di delegato parrocchiale aspiranti.
Raggiunto dalla notizia della firma dell’armistizio di Cassibile, che poneva fine alle ostilità con gli angloamericani ma apriva drammaticamente il campo all’occupazione tedesca di gran parte della penisola, M. si impegnò per intessere contatti con il movimento resistenziale che andava organizzandosi nella zona di Pienza. Dal febbraio del 1944, quindi, riuscì a inserirsi tra le fila di una banda partigiana del 4° raggruppamento Monte Amiata del Gruppo Leopardi, assumendo il nome di battaglia di «Fulmine».
Nelle prime ore del 6 aprile del 1944 la sua formazione, guidata da Walter Ottaviani «Scipione», che poteva contare su circa settanta unità, venne raggiunta da una vasta operazione di rastrellamento condotta da oltre duecento militi della Repubblica sociale. Ingaggiata battaglia con il nemico nei pressi di Montichiello, piccolo borgo medievale in provincia di Siena, la banda partigiana resistette sulle sue posizioni per tutta la giornata e riuscì a far desistere dall’intento le truppe nemiche in quella che, nel dopoguerra, verrà ricordata come la vittoriosa «battaglia di Montichiello».
Durante il duro combattimento che caratterizzò la giornata, M. fu designato per coordinare una piccola squadra con cui, contando sulla superiore conoscenza del territorio, sulla possibilità di riparare dietro alle mura medievali della cittadina e sul fuoco di copertura del reparto di retrovia, riuscì a spingersi fino alla prossimità delle linee nemiche, nel tentativo di spezzare l’accerchiamento e concedere una via di fuga alla formazione. Portato a termine questo delicato compito e postosi in una posizione favorevole, insieme ai suoi compagni diede fondo alla scorta di munizioni per tenere sotto costante pressione le truppe nemiche. Vista l’impossibilità di continuare in questa opera senza armamento, decise di offrirsi volontario per tornare indietro verso il comando del battaglione e fare rifornimento di quanto necessitava al proseguo della battaglia.
Costretto a svolgere questa operazione in campo aperto, però, venne presto scorto dal nemico che lo fece oggetto di fuoco incrociato e lancio di granate. Dopo alcuni metri, infatti, fu colpito da una scheggia di una bomba lanciata da un mortaio e cadde ferito mortalmente.
A fine giornata furono solo lui e un suo compagno, Marino Cappelli, a risultare tra i caduti partigiani della battaglia di Montichiello e, a imperituro ricordo del suo sacrificio, gli venne intitolato il battaglione nel quale aveva militato.
Con nota ufficiale nella «Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana» del 9 dicembre 1948, alla memoria di M. venne decretata la medaglia d’oro al valor militare con la qualifica di partigiano combattente e la seguente motivazione: «Quando più accanita divampava la battaglia contro le forze di gran lunga preponderanti, esaurite le munizioni, di propria iniziativa provvedeva al rifornimento esponendosi a sicuro rischio per andare a prenderle in una riservetta a breve distanza dalle linee nemiche. Conscio dell’importanza del compito volontariamente assunto e dell’urgenza di fornire il suo reparto per assicurarne la resistenza, non esitava innanzi al pericolo ed attraversava più volte allo scoperto il tratto di terreno intensamente battuto. Ripetutamente e gravemente ferito non desisteva, insensibile al dolore e sorretto nel disperato sforzo dall’indomabile volontà, finché trascinandosi a stento, dopo aver compiuta la missione, cadeva esanime accanto alla propria arma. Esempio fulgido di attaccamento al dovere e di sprezzo del pericolo, moriva gridando: “Viva l’Italia!”. Monticchiello – Pienza, 6 aprile 1944».