Carlo Reddi nacque a Novara il 30 maggio del 1922 da una famiglia di modeste condizioni economiche. Ancora molto giovane esercitò la professione di barbiere nella città natale, dove, negli anni della formazione scolastica, prese parte alle attività del circolo Giac San Giorgio.
Nel gennaio del 1942, ancora diciannovenne, venne richiamato sotto le armi con la sua classe di leva per assolvere il servizio militare presso il deposito del 54° Fanteria, vedendosi destinato al X settore di copertura a Castiglione Dora, in Valle d’Aosta. Promosso caporale nel settembre successivo, fece domanda per passare nella specialità paracadutisti e destinato al corso di specializzazione a Viterbo, presso il deposito misto per le divisioni dei paracadutisti. Terminato il periodo di addestramento, R. venne assegnato al 184° reggimento della Divisione Nembo, appena costituitosi, nel quale conseguì la promozione a caporale maggiore e, successivamente, a sergente.
La notizia della caduta del regime e della successiva firma dell’armistizio di Cassibile lo colse mentre si trovava in Sardegna con il suo reparto. Trasferito nel settembre del 1944 nel territorio dell’Italia liberata dagli alleati, entrò a far parte del gruppo di combattimento Folgore del regio esercito, impegnato a fianco dell’esercito angloamericano. Fu durante il periodo di permanenza in questa formazione che venne nominato caposquadra della 6ª compagnia del II Battaglione.
Alla vigilia della definitiva liberazione di Bologna, R. guidò i suoi uomini in una rischiosa offensiva contro un solido caposaldo tedesco posto in posizione di controllo sulla strada che conduceva alla cittadina di Grizzano, presidiato saldamente da un battaglione di paracadutisti del 4° reggimento della 1ª Divisione Gruene Teufels. Portata a termine la difficile missione, pur risultando seriamente ferito, volle insistere nella sua azione procedendo in avanti per colpire una seconda postazione nemica in posizione ancora più avanzata rispetto a quella già raggiunta. Incontrando una veemente reazione da parte delle forze germaniche e fatto oggetto di un fitto fuoco di sbarramento, il suo reparto dovette arrestare il tentativo e assestarsi sulle posizioni occupate. Fu in questo contesto che, seppur facile obiettivo per i soldati tedeschi, R. decise di condurre in prima persona una rapida azione scagliandosi contro un paracadutista nemico e affrontando un violento corpo a corpo allo scopo di far guadagnare ai suoi uomini una postazione più sicura. Nel corso della violenta colluttazione che ne seguì, però, venne ferito mortalmente.
Alla memoria del sacrifico di R. venne decretata la medaglia d’oro al valor militare con la qualifica di sergente dei paracadutisti del gruppo di combattimento “Nembo”, con la seguente motivazione: «Caposquadra, sempre in testa ai suoi uomini, conquistava una postazione tedesca fortemente difesa e, d’impeto, ne assaltava una seconda. Sottoposto a violenta reazione di fuoco che arrestava momentaneamente la prosecuzione dell’attacco, si scagliava da solo con eroica temerarietà contro gli elementi nemici. Benché ferito, raccolte le ultime forze, si slanciava addosso ad un paracadutista tedesco avvinghiandosi a lui. Nella cruenta lotta cadeva mortalmente colpito, trascinando nella sua stessa morte quel nemico a cui con epica grandezza volle ancora ghermire la vittoria nell’estremo anelito della vita terrena. Magnifica figura di combattente freddamente determinata all’estremo sacrificio. Casalecchio de’ Conti, 19 aprile 1945».