Sclarandi Renato

Renato Sclarandi
Immagine: Isacem, Fondo Giac
Nome: Renato
Cognome: Sclarandi
Luogo di nascita: Torino
Data di nascita: 30/01/1919
Luogo di morte: Hammerstein
Provincia/Stato morte: Polonia
Data di morte: 22/04/1944
Ramo di Azione cattolica:

Sommario

Note biografiche

Renato Sclarandi nacque a Torino il 30 gennaio 1919. Trascorsa la sua giovinezza nella città natale, frequentò il ginnasio San Giovanni del capoluogo piemontese e il ginnasio salesiano di Valsalice.

Dopo essersi formato nell’ambiente salesiano, dunque, divenne socio della Gioventù cattolica della parrocchia di San Bernardino, nel borgo operaio di San Paolo di Torino. La sua dedizione verso l’associazione venne premiata con sempre maggiori responsabilità e, nel corso del tempo, divenne un valido propagandista operante non solo nella sua diocesi, ma in tutta la regione. Dopo essere divenuto presidente del gruppo giovanile Rerum novarum della sua parrocchia, ebbe modo di conoscere Luigi Gedda, allora alla guida della Giac, che decise di chiamarlo a collaborare con la Presidenza nazionale come membro della Consulta centrale degli studenti di Ac, di cui peraltro fu il segretario per un breve periodo. Particolarmente avvezzo alla pratica dello sport, come molti suoi compagni soci di Ac coltivò la passione per il ciclismo e l’alpinismo.

Nel 1938 si iscrisse alla Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università degli studi di Torino ma, superati tutti gli esami con profitto, nel periodo di preparazione della tesi di laurea si vide costretto a rispondere alla chiamata sotto le armi per adempiere agli obblighi di leva. Arruolato nel corpo degli Alpini nel corso del dicembre 1941, terminato il periodo di formazione assunse il grado di sottotenente di complemento. Nei primi mesi del 1943 venne trasferito ad Aosta come allievo ufficiale, quindi a Merano, Bassano del Grappa, Civitavecchia e Pinerolo. In queste destinazioni si sforzò sempre di radunare i militanti della Gioventù cattolica presenti nella caserma di destinazione per costituire il cosiddetto “raggio”, radunando i giovani di Ac che, trascorrendo il tempo nello stesso ambiente, si davano un’organizzazione per poter continuare la loro opera di apostolato e vivere in maniera cristiana l’esperienza militare.

S., comunque, confermò la sua attiva militanza anche nel complesso periodo passato sotto le armi. Ecco perché, mentre si trovava ad Aosta, decise di iscriversi al circolo locale della Giac, impegnandosi a fondo per avvicinare anche i commilitoni alle attività del gruppo. In questo periodo, infatti, volle prendere parte alle celebrazioni del 75° anniversario della fondazione della Gioventù cattolica organizzate dalla diocesi, prendendo anche la parola durante la giornata in qualità di delegato della Giunta centrale di Ac. A Pinerolo, invece, conobbe Carlo Carretto e don Giovanni Barra, trovando in loro un valido sostegno per la sua azione in caserma e con i quali volle riflettere a lungo sulle possibilità che la fine della guerra avrebbe aperto alla crescita dell’associazionismo cattolico. Infine, in una breve missione a Napoli, nel giugno del 1943, ebbe l’opportunità di aderire alla Società operaia, sodalizio fondato da Gedda a Roma nel corso del 1942 nel convento dei santi Giovanni e Paolo, e di trascorrere alcune giornate presso i locali della Presidenza centrale nella capitale. Questi incontri furono talmente importanti per lui che nel suo diario descrisse il 1943 come «un anno fondamentale per la mia vocazione».

Tornato a Pinerolo, venne raggiunto dalla notizia della firma dell’armistizio di Cassibile e, pur avendone la possibilità, decise di non lasciare il proprio reparto e di posticipare il ritorno a casa per non lasciare i suoi uomini senza una guida in un momento di totale sbandamento. Durante queste giornate ebbe modo di descrivere lo stato di profonda confusione che albergava anche nei comandi militari: «Si attende qualcosa – discussioni stravaganti – improvviso rapporto ufficiali e notizia di ceder tutto ai tedeschi. Adunanza di compagnia: “l’esercito italiano è sciolto”».

Dopo pochi giorni, però, S. venne fatto prigioniero dalle truppe tedesche e, rifiutatosi di essere reclutato tra le fila dell’esercito occupante, fu spedito in Germania per essere internato insieme a molti dei suoi commilitoni. Ecco come lui stesso descrisse questa improvvisa cattura: «Sabato 11: all’alba, raduno dei superstiti “non partiti” – aeroplani nel cielo – arrivano i primi tedeschi: consegna pistole e munizioni – Si discute alla buona e si mangia insieme – Molta serenità – si attende l’ora della liberazione. Ore 17.40 visita maggiore tedesco e minaccia di fucilazione – i tedeschi sorvegliano […]. Domenica 12: sveglia improvvisa. Caricati su automezzi, alla stazione, si sente parlare di campi di concentramento». Deportato inizialmente nel campo di concentramento militare di Luckenwalde, nel distretto di Potsdam, venne poi trasferito prima a Przemysal, in Polonia e, infine, nel campo di Hammerstein, in Pomerania. Quando gli venne proposta la libertà in cambio del reclutamento tra le fila dell’esercito della neonata Rsi di Mussolini, egli rifiutò sdegnosamente e all’assemblea che venne disposta per presentare la possibilità si disse «nauseato; poi indifferente. Rispondo no. Studio tedesco. Prego, leggo, discuto».

Non volendosi abbandonare alle crudeltà del campo, S. cominciò anche in questa dura situazione la sua opera di apostolato fra i compagni di prigionia, impegnandosi per portare a tutti il proprio sostegno, in particolar modo a malati e invalidi. La sua esperienza in Ac gli fu molto utile per avvicinare una larga parte degli uomini presenti nel suo blocco attraverso incontri di preghiera, letture in italiano della Bibbia, incontri di riflessione religiosa, recita del rosario e, infine, la distribuzione di quei pochi testi che riusciva a far pervenire all’interno del campo. In questa fervente opera riuscì a inviare una missiva a Gedda in cui volle raccontare la sofferenza vissuta in prigionia come un momento di crescita interiore: «È significativo, però, che l’ultima domenica passata in Italia l’abbia passata a Roma! Ringrazio Dio, perché nel 1943 mi ha fatto conoscere…teoricamente il Getsemani e praticamente qui. Io non sapevo che cosa fosse né la sofferenza materiale, né la sofferenza spirituale, intese nel vero, profondo senso: la prima la apprendo qui, la seconda la conoscerò in seguito. Preparo le fondamenta per le nostre future Opere di apostolato ed offro volentieri per la Società i miei sacrifici…».

Fu, però, proprio durante la sua attività di assistenza ai malati che S. si imbatté, nella sera del 22 aprile 1944, nella sentinella tedesca che gli avrebbe tolto la vita. Mentre, munito di regolare lasciapassare fornito dalle autorità germaniche del campo, si dirigeva da un blocco all’altro del campo per raggiungere l’infermeria e aiutare il cappellano a predisporre la celebrazione della messa del giorno successivo, S. venne fermato dal milite per il controllo dei documenti e, pur avendo le carte in regola, si vide stracciato il suo lasciapassare e intimato di fare al più presto ritorno nella sua baracca. Deciso a non creare scompiglio, egli non indugiò a retrocedere per rispettare l’ordine datogli ma, appena girata la schiena, la sentinella lo colpì con un colpo di fucile, lasciandolo a terra senza vita.

In ricordo della figura di S., che tanto si era speso per alleviare le sofferenze dei suoi compagni, venne fondato un circolo della Giac all’interno del lager di Hammerstein che fu intitolato alla sua memoria e che, nel corso del tempo, tenne incontri e relazioni che sono state trascritti, conservati e pubblicati nel volume del 1991 La Gioventù italiana di Azione cattolica nei lager nazisti. Nel 1967, infine, le sue spoglie furono traslate dal cimitero militare di Hammerstein a quello comunale di Sangano, in provincia di Torino.

Fonti e bibliografia

  • Isacem, Righini, b. 27.
  • Gianni Oberto, La morte di Renato Sclarandi, in «Quaderni del Centro di studi sulla deportazione e l’internamento», 4 (1967), 1, p. 69.
  • Luigi Gedda, Renato Sclarandi, in «Gioventù Nova», 22 (1944), 21, p. 2;
  • Luigi Gedda, Prefazione, in Rimero Chiodi (a cura di), La Gioventù Italiana di Azione Cattolica nei lager nazisti, Ferrari, Clusone 1991, pp. 14-16.
  • Alessandro Celi, Renato Sclarandi, in Vittorio Rapetti (a cura di), Laici nella Chiesa, cristiani nel mondo: per una storia dell’Azione Cattolica nelle Chiese locali del Piemonte e Valle d’Aosta, Impressioni Grafiche, Acqui Terme 2010, pp. 128-129.

Hanno fatto parte di Gioventù italiana di Azione cattolica anche:

ISACEM – Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI
Via Aurelia, 481 – 00165 Roma. Tel. 06.66 27 925 – 06.66 132 443 – info@isacem.it

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