Maria Bensi nacque a San Salvatore Monferrato, piccolo comune in provincia di Alessandria, nel 1896 da una famiglia contadina di modeste condizioni economiche.
Dopo aver atteso agli studi elementari nel suo paese natale, viste le difficoltà finanziarie dei genitori, B. fu costretta a lasciare la scuola e fare domanda per essere assunta come operaia in una filanda del Canavese. Morta prematuramente la madre, la giovane dovette impegnarsi per prendersi cura delle due sorelle e, nel 1919, entrò come operaia nel cappellificio Borsalino ad Alessandria.
In questi anni si avvicinò a Carolina Beltrami, fondatrice di un centro di formazione professionale e culturale per le giovani operaie e animatrice della Congregazione delle suore Immacolatine, dedita al campo educativo, caritativo e assistenziale. Questo sodalizio che si venne a creare non solo avvicinò ulteriormente B. all’impegno nell’apostolato militante, spingendola a prendere parte all’Azione cattolica, ma formò anche i caratteri della sua seria presenza nel sindacalismo bianco.
Attiva, fin da giovanissima, come propagandista della Gioventù femminile, con l’avvento del regime fascista continuò il suo impegno nell’Unione donne, di cui fu presidente diocesana dal 1932 fino al 1945. Nel suo ruolo di responsabilità si spese a fondo per analizzare e approfondire la condizione di lavoro delle operaie in fabbrica alla luce della dottrina sociale della Chiesa, pubblicando peraltro alcuni sussidi come, ad esempio, l’opuscolo Una operaia alle operaie, edito nel 1940.
Durante il secondo conflitto mondiale, B. si adoperò a lungo nell’opera di assistenza organizzata dalla dirigenza dell’Azione cattolica locale e dalla San Vincenzo. Pur vivendo lei stessa una complicata situazione familiare a causa delle privazioni dovute alla guerra, infatti, volle sempre garantire il proprio supporto alle iniziative a favore della fascia di popolazione più segnata dalle difficoltà del conflitto. Fu proprio questa rete di contatti e di rapporti che strinse con diversi esponenti del mondo cattolico locale che, nei mesi successivi alla firma dell’armistizio di Cassibile e alla conseguente occupazione delle forze nazifasciste in Italia, le permise di collaborare attivamente al movimento resistenziale alessandrino come staffetta partigiana.
Nell’immediato dopoguerra il significativo apporto dato da B. alla lotta di liberazione fu ufficialmente riconosciuto dal Cln locale con la doppia nomina, nel maggio del 1945, a vicesindaco di Alessandria, a fianco dell’allora sindaco socialista, e alla carica di assessore alla Maternità e all’infanzia. Il suo impegno nel campo politico continuò nel tempo visto che, dopo essere stata candidata alla Costituente, non fece mancare il suo sostegno alla Dc e si rese attiva protagonista della nascita delle Acli, di cui, fin da subito, divenne la prima responsabile provinciale femminile. A questa molteplicità di campi di impegno politico e sociale, fece corrispondere la rinnovata presenza nell’attività sindacale. Per la dedizione al suo lavoro e per gli anni di battaglie per i diritti delle operaie, fu nominata cavaliere della Repubblica italiana.
Lasciata la sua professione per aver raggiunto l’età pensionabile, si ritirò insieme alle sorelle nella casa di riposo di Valenza, in cui si spense il 20 agosto del 1974.