Rocco Galliano nacque a Pinasca, in provincia di Torino, il 16 agosto del 1920 da Emilio e Tersilla Paolasso. Cresciuto in una famiglia di modeste condizioni economiche, fin da giovanissimo si avvicinò agli ambienti dell’associazionismo cattolico e, ben presto, decise di iscriversi al circolo Giac «Pier Giorgio Frassati» del suo paese natale. Terminati gli studi si specializzò come operaio meccanico e dal 15 ottobre del 1935 venne assunto in qualità di rettificatore alla Riv, azienda metalmeccanica con sede a Villarperosa.
Richiamato sotto le armi per assolvere gli obblighi di leva, dopo un breve periodo di formazione fu assegnato alla 48ª batteria del VI reggimento artiglieria alpina Alpi Graie di stanza a Pinerolo. Nelle giornate che seguirono l’annuncio ufficiale della ratifica dell’armistizio di Cassibile, G. si trovò temporaneamente a casa in licenza, con obbligo di rientro il 5 ottobre successivo. Vista la confusione creatasi tra i reparti italiani, dovuta alla mancanza di direttive chiare da parte dei comandi militari circa il rapporto da tenere con l’ex alleato nazista, alla quale fece seguito anche lo sbandamento del suo battaglione, G. decise di non ripresentarsi in caserma per non essere costretto a scegliere tra l’arruolamento nelle fila della Wehrmacht o l’internamento obbligato nei campi in Germania. Presi immediati contatti con il movimento di opposizione all’occupazione nazifascista, insieme ad alcuni commilitoni decise di darsi alla macchia e di raggiungere le formazioni partigiane già operanti nel torinese.
Dopo aver organizzato e coordinato un piccolo gruppo armato operante nel territorio di Gialetto, piccola frazione del comune di Pinasca, l’8 marzo del 1944il giovane decise di entrare a far parte della brigata Monte Albergian, operante in Val Chisone e nella zona pedemontana, al comando di Ettore Serafino. Assunto il nome di battaglia di «Rocco», grazie alla sua formazione tecnica e militare G. ebbe modo di distinguersi a più riprese in operazioni di sabotaggio contro le postazioni nemiche e nel corso dei diversi scontri armati che la sua formazione dovette affrontare.
Probabilmente tradito da un delatore, nella giornata di Natale del 1944 venne raggiunto da una pattuglia di militi nazisti mentre si trovava nella sua abitazione e fu posto in stato di arresto perché accusato di attività partigiana. Tradotto nelle carceri delle Casermette di Rivoli, fu sottoposto per diversi giorni a duri interrogatori e a numerose sevizie allo scopo di fargli confessare la sua partecipazione al movimento resistenziale e, soprattutto, indurlo a rivelare i nomi dei compagni e la distribuzione delle bande partigiane nel territorio periferico del capoluogo piemontese. Rifiutata ogni collaborazione con i suoi aguzzini, G. fu infine condannato a morte per rappresaglia contro il sabotaggio della ferrovia nel tratto Avigliana-Alpignano avvenuto nella notte del 22 febbraio. Tre giorni dopo, dunque, il giovane fu condotto davanti al plotone di esecuzione che, in ottemperanza a quanto stabilito, lo fucilò. Prima di morire il giovane chiese all’ufficiale che comandava le operazioni della giornata di poter essere raggiunto dal parroco di Rivoli per confessarsi. Il sacerdote, dopo averlo ascoltato, lo aiutò anche a ottenere il necessario per scrivere un’ultima lettera alla madre: «Cara mamma, son sicuro che avete fatto di tutto per aiutarmi; malgrado ciò fu inutile. Bisogna rassegnarsi al volere di Dio. Mi consola il pensiero che sono stato assistito dal Rev.ndo. Raccomando a Mario di aiutarti a consolarti anche per me. Non piangere che ci rivedremo in Paradiso dove c’è già papà. A Giulia le auguro di tutto cuore di trovare un giovane che sappia volerle bene come le ho voluto io. Ricordi i consigli buoni ricevuti da me. Baci. Galliano Rocco».
Nel dopoguerra, con decreto del 1° agosto 1947, alla memoria di G. venne conferita la medaglia d’argento al valor militare con la qualifica di soldato d’artiglieria e partigiano combattente e la seguente motivazione: «Partigiano valoroso ed ardito in diverse e rischiose operazioni di guerra si impose e si distinse sempre per capacità ed intelligente spirito di iniziativa. Catturato dal nemico, rifiutò ogni possibilità di salvezza offertagli in cambio di delazione, affrontando serenamente la morte e sostenendo, con l’esempio e la parola i compagni nell’ora della prova suprema. Rivoli, 25 febbraio 1945».