Luigi Alberto Broglio nacque il 19 agosto del 1923 a Sant’Ilario Ligure, allora comune autonomo in provincia di Genova, da Edmondo e Domitilla Ramella, terzo di quattro figli. Cresciuto in una famiglia della media borghesia con una lunga tradizione risorgimentale – suo zio paterno Gaetano Broglio era stato capitano garibaldino nelle guerre di indipendenza –, fin da giovanissimo venne educato in un ambiente impregnato di profondi sentimenti patriottici.
La famiglia era spesso costretta a cambiare residenza per seguire il padre che, essendo esperto di agraria e particolarmente legato alle organizzazioni di categoria, si spostava per il territorio dell’Italia settentrionale per offrire consulenze e prestare la sua opera. Da Sant’Ilario Ligure, dunque, si trasferirono a Mantova, Nervi, quindi a Sondrio e, infine, a Piacenza dove B. ebbe modo di iscriversi al liceo classico Melchiorre Gioia per attendere agli studi superiori. Maturato un atteggiamento fortemente critico verso l’autoritarismo del regime fascista, il giovane non mancò di mostrare il suo dissenso anche nel contesto scolastico. Un suo gesto di aperto dissenso al preside e ai professori del liceo gli valse l’allontanamento dalla scuola e la segnalazione nel «Bollettino ufficiale del Ministero dell’educazione nazionale» che ne dava formale notizia: «La commissione giudicatrice degli esami di idoneità alla terza classe del Regio Liceo classico di Piacenza ha inflitto al candidato Luigi Alberto Broglio la punizione disciplinare di cui alla lettera h) dell’art. 19 del R.D. 4 maggio 1925, n. 653, e cioè la espulsione dall’Istituto, con tutte le conseguenze di cui al successivo art. 21». Per questo motivo, B. fu costretto a terminare gli studi liceali a Cremona e, ottenuto il diploma, decise di iscriversi alla facoltà di Ingegneria dell’Università degli studi di Parma. Fu durante il periodo trascorso nella città emiliana che, entrato in contatto con alcuni ambienti dell’associazionismo cattolico cittadino, decise di iscriversi al circolo Fuci presente nell’ateneo dove ebbe modo, tra l’altro, di discutere e meglio definire le proprie posizioni politiche.
Fu in questa contesto che B. assistette alla caduta del regime fascista e, successivamente, alla ratifica dell’armistizio di Cassibile che poneva ufficialmente fine alle ostilità con le forze angloamericane. Da sempre contrario all’alleanza che l’Italia aveva siglato con la Germania, nelle giornate successive all’8 settembre il giovane non ebbe dubbi a prendere immediati contatti con i primi nuclei del movimento clandestino della Resistenza che si andava costituendo nella città di Piacenza, per assicurare il proprio contributo alla lotta di liberazione contro l’occupante. Inseritosi tra le fila dei partigiani e assunto il nome di battaglia di «Nataniele», si portò sull’Appennino emiliano per coadiuvare il colonnello Emilio Canzi, comandante unico della 13ª zona operativa, nell’organizzazione e il coordinamento delle prime formazioni partigiane.
Nell’ottobre del 1943, vista la fiducia che si era meritato nello svolgimento dei suoi compiti, B. fu incaricato di scortare oltre la linea del fronte il capitano inglese Edison che, liberatosi dalla prigionia dopo gli eventi dell’armistizio, doveva raggiungere la zona dell’Italia liberata. Compiuta con successo la missione e raggiunta Termoli, in provincia di Campobasso, decise di proporsi come volontario della 5ª Armata alleata per partecipare ai combattimenti contro i tedeschi. Dimostrate le proprie capacità e una buona conoscenza della lingua inglese, gli venne proposto di entrare a far parte del Servizio informazioni militari del Comando dell’armata alleata come ufficiale di collegamento, con il grado di tenente. Accettato il ruolo, a più riprese fu inviato oltre le linee per svolgere diverse missioni e porsi in contatto con i nuclei di combattenti legati alla Resistenza. Nel maggio del 1944 sbarcò da un sottomarino inglese nei pressi del porto di La Spezia con l’incarico di agire da tramite tra i partigiani della zona della Liguria orientale e i comandi dell’8ª armata inglese. Mentre si apprestava a svolgere questo delicato compito, fu tradito da un delatore e venne catturato da un drappello di SS che lo trovarono in possesso di armi e della radio ricetrasmittente. Fermato e posto in stato di arresto, venne condotto nella caserma occupata dai tedeschi e sottoposto a lunghi interrogatori e a numerose torture allo scopo di fargli rivelare modalità e finalità della sua missione. Ribadita a più riprese la volontà di non rivelare alcuna informazione utile ai suoi aguzzini, riuscì a evitare la fucilazione immediata solo perché gli ufficiali nazisti non riuscirono a far funzionare l’apparecchio radio e a incriminarlo per la sua condotta.
Tradotto alle carceri di Marassi, probabilmente già nei primi di giugno fu trasferito al campo di concentramento di Fossoli, presso Carpi, dove gli venne dato il numero di matricola 1474 e fu assegnato alla baracca degli internati politici. A rappresaglia di un attentato ordito a fine giugno da una formazione di partigiani genovesi ai danni di un plotone di militari delle SS, in cui trovarono la morte sei militi – questa almeno fu la motivazione letta davanti ai detenuti, anche se probabilmente la decisione era legata allo sgombero del campo, eliminando i prigionieri più pericolosi –, venne dato ordine dalle autorità tedesche di procedere alla selezione di settanta internati del campo di Fossoli che sarebbero stati fucilati. All’elenco stilato dai carcerieri in ottemperanza a quanto disposto venne compreso anche il nome di B. Dopo aver fatto loro scrivere delle lettere per tranquillizzare le famiglie, all’alba del 12 luglio vennero tutti condotti al poligono di tiro di Cibeno, a Carpi, dove subirono l’esecuzione della condanna a morte e furono seppelliti in un’unica fossa comune.
Il 21 novembre 1944 il questore di Piacenza scrisse al padre di B. per comunicargli la morte del figlio: «Il 12 luglio Broglio Luigi Alberto, nato il 19-8-1923 in Genova, abitante in Piacenza, via Cavour n. 43, è stato fucilato». La famiglia ricevette solamente dopo la liberazione l’ultimo biglietto scritto poche ore prima della fucilazione: «11-12 luglio 1944: Carissimi genitori e fratelli. Eccomi in partenza per ignota destinazione: dove? Non lo so. Forse ogni chilometro che farò mi allontanerà vieppiù da voi, ma il mio spirito rimane fra voi, come sempre v’è stato anche nel passato. Abbiate fiducia in me: farò tutto il possibile per tornare da voi tutti che mi volete così tanto bene. Ho fede che Iddio non mi negherà il suo aiuto; ancora lo avrò, come l’ebbi in momenti più aspri e difficili. Sono forte sufficientemente sia di spirito che di corpo, e saprò lottare e sopportare anche questa difficile prova per poter un giorno tornare ad abbracciarvi tutti. Non vogliatemene per quanto è avvenuto, così doveva essere: mai ebbi un momento di pentimento lungo la difficile strada che avevo intrapreso. Provato e riprovato, mi sento in grado di affrontare il futuro. Pensatemi spesso e ancor più spesso pregate per me, che Iddio mi aiuti! Un abbraccio a Ermes che ha fatto e farà nella famiglia il mio dovere, a Rosa, che sappia consolare la mamma, a Paolo, che sia il conforto di tutti, al papà che sostenga bene come sempre la famiglia, che gli voglio così bene, ed a Lillina, poverina, così lontana ed ignara affatto del mio destino. Vi bacio, il vostro Gigi».
Il suo corpo, contrassegnato all’esumazione col numero 63, riconosciuto dal padre, venne seppellito nel famedio dei caduti del cimitero di Piacenza. Con decreto del presidente della Repubblica del 21 aprile 1977, alla memoria di B. venne assegnata la medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione: «Fedele alle tradizioni familiari di libertà e di indipendenza era tra i primissimi a scegliere la via del sacrificio e del rischio per unirsi con attiva ed appassionata azione ad una formazione partigiana operante nel piacentino di cui diveniva presto l’animatore ed organizzatore. In una rischiosa e difficile missione unitamente ad un ufficiale inglese riusciva ad attraversare le linee allo scopo di ottenere dagli alleati utili collegamenti ed efficaci aiuti. Sbarcato in Liguria da un sottomarino alleato, per infame delazione, veniva scoperto e catturato dai Tedeschi. Processato e sottoposto a stressanti interrogatori resistette con fierezza alle crudeli torture, senza nulla rivelare sui compagni di lotta e sulla sua organizzazione. Riuscito a scampare alla fucilazione immediata, veniva inviato nel campo di concentramento di Fossoli (Carpi) dove, successivamente, in attuazione di una sommaria rappresaglia, unitamente ad altri internati veniva barbaramente trucidato. Giovane generoso ed entusiasta, esempio di ardimentoso e valido combattente per i più puri ideali offriva alla Patria la sua promettente esistenza».