Corrà Gedeone

Gedeone Corrà
Immagine: Causedeisanti.it
Nome: Gedeone
Cognome: Corrà
Luogo di nascita: Salizzole
Provincia/stato: Verona
Data di nascita: 18/09/1920
Luogo di morte: Flossenburg
Provincia/Stato morte: Germania
Data di morte: 18/03/1945
Ramo di Azione cattolica:

Sommario

Note biografiche

Gedeone Corrà nacque il 18 settembre 1920 a Salizzole, in provincia di Verona, da Rodolfo e Angela Serafini. La sua famiglia, numerosa come da tradizione contadina, era dedita alla cura dei campi di proprietà e all’allevamento di qualche capo di bestiame. C., quinto di sei figli, fu fin da giovanissimo coinvolto nell’attività familiare.

Allo scopo di migliorare la situazione finanziaria dovuta a un periodo di crisi economica, nel corso del 1932 la famiglia di C. si trasferì a Isola della Scala, paese non distante da Salizzole. C., che aveva da poco terminato le scuole elementari, venne iscritto nel 1933 alla scuola di avviamento professionale e, dopo i primi tre anni, si iscrisse al liceo scientifico Angelo Messedaglia di Verona, dove raggiunse il fratello Flavio, di soli due anni più grande e con il quale si trovò a condividere diverse tappe della sua vita. Fu durante questi anni che i due cominciarono a frequentare insieme gli ambienti di Ac. Insieme al fratello, infatti, C. prese parte attiva al locale circolo giovanile, divenendo nel corso degli anni delegato Aspiranti e Juniores, fino ad assumere la carica di vicepresidente del circolo Giac di Isola della Scala e della vicaria, in collaborazione con Flavio che ne era invece il presidente. A questo periodo bisogna ascrivere l’episodio dello schiaffeggiamento subito da C. da parte di alcuni militi fascisti per essersi presentato a una esercitazione paramilitare vestito in borghese e con all’occhiello il distintivo dell’Ac. Terminati gli studi superiori e ottenuto il diploma venne assunto all’ufficio del registro di Isola della Scala e, nel corso del 1939, si iscrisse alla facoltà di Matematica e fisica dell’Università di Bologna.

Nel 1941 dovette sospendere il suo percorso accademico per rispondere alla chiamata del servizio di leva. Presentatosi alla visita medica militare fu dichiarato rivedibile e dovette attendere l’anno successivo per essere sottoposto a nuovo controllo che, nonostante l’esito positivo, lo dichiarò abile ai soli servizi sedentari.

Nei mesi successivi alla ratifica dell’armistizio di Cassibile, raggiunta la casa di famiglia per evitare la cattura e l’internamento in Germania, fu più volte richiamato dai diversi bandi di reclutamento emessi dalle forze di occupazione tedesche e, successivamente, da quelli della neonata Rsi. Deciso a non rispondere, insieme al fratello Flavio si rese irrintracciabile, venendo classificato dalle autorità come renitente alla leva obbligatoria. Fu in questo periodo che decise di interrompere definitivamente gli studi e di raggiungere le forze partigiane che andavano costituendosi nella zona del veronese. Fu facile per C. inserirsi all’interno del gruppo di militari che presero parte alla missione «Rye», impegnata attivamente nel predisporre sicuri canali di contatto tra i partigiani e gli alleati e, soprattutto, per reperire informazioni circa la consistenza e i movimenti delle forze tedesche che occupavano il Nord Italia. Il comandante di questo gruppo, Carlo Perucci «Eugenio», trasferito da Brindisi su un vecchio sommergibile e direttamente dipendente dallo Stato maggiore dell’esercito italiano, non solo era alla costante ricerca di profili legati al territorio di Verona, ma aveva anche legami molto stretti con la rete composta dalle associazioni di Ac, essendo stato presidente diocesano prima dello scoppio della guerra.

Con i compagni della missione, nel gennaio del 1944, decisero di organizzarsi in una formazione organica che denominarono «Battaglione Lupo», alla quale misero a capo l’ex tenente del Regio esercito Agostino Barbieri «Fuoco», reduce dalla campagna di Russia. Animatore della banda fu don Luigi Cavaliere, parroco di Tarmassia, che concesse agli uomini l’utilizzo della sua canonica per il coordinamento delle operazioni e gli incontri clandestini.

Durante la notte del 22 novembre 1944, trovatosi insieme al fratello a soggiornare per qualche giorno a casa di uno zio a Salizzole, C. fu scovato e posto in stato di arresto da un drappello di soldati della Rsi che lo condussero prima al comando tedesco presso Tarmassia, quindi al comando fascista di Verona. Riconosciuto a seguito di delazione, fu oggetto di un pressante interrogatorio volto a costringerlo a confessare il suo operato nella Resistenza e a rivelare informazioni circa gli spostamenti della banda e i nomi dei suoi compagni di guerriglia. Pur sotto immani sevizie, nulla volle dichiarare ai suoi aguzzini che alternavano torture a tentativi di lusinghe per indurlo a parlare.

Dopo un breve periodo di detenzione in cui non rivelò nulla di utile agli ufficiali fascisti, il 1° dicembre del 1944 C. dovette subire la deportazione prima al campo di raccolta di Bolzano e, il 18 gennaio 1945, a quello di sterminio di Flossenburg, in Baviera. Al suo arrivo insieme ad altri 420 prigionieri venne identificato come internato politico e gli venne assegnato il numero «KZ 34566». Dal nuovo luogo di detenzione i fratelli riuscirono a far pervenire una lettera ai loro familiari, datata 19 gennaio 1945, in cui, rendendo noto ai genitori il cambio di «recapito», chiedevano loro di «sospendere, fino a nuovo ordine, corrispondenza e pacchi a noi indirizzati», aggiungendo di non darsi «pensiero per noi. Stiamo benissimo e speriamo di poter presto tornare a casa. Siamo privi di notizie vostre. Appena ci sarà possibile, vi invieremo il nuovo recapito. Ci teniamo ad assicurare che non abbiamo a lamentarci di niente». Fu questa l’ultima lettera che i due ragazzi riuscirono a spedire ai parenti.

Nonostante le parole rassicuranti fatte pervenire alla famiglia, C., a causa delle durissime condizioni di vita nel campo, fu ben presto colpito da una bronchite e, nonostante le condizioni di salute precarie e la forte debilitazione del fisico, come da regola, venne costretto a continuare il suo lavoro. Ulteriormente vittima di una broncopolmonite, il 15 marzo non riuscì più ad alzarsi e venne dunque trasportato alla baracca 17, funzionante da infermeria. In questa struttura, in realtà, fu lasciato morire nei successivi tre giorni tra stenti e dolori. Il 18 marzo 1945 il fratello Flavio venne a conoscenza della notizia della sua morte.

Il 7 dicembre del 1946 il magnifico rettore dell’Università degli studi di Bologna, Edoardo Volterra, conferì alla memoria di C. la laurea ad honorem in Scienze matematiche, fisiche e naturali. L’Associazione Amici dei fratelli Corrà ha promosso l’istanza per l’avvio della fase diocesana di due distinte cause di beatificazione volte a dimostrare l’eroicità delle loro virtù cristiane. Gli atti delle due inchieste svolte in parallelo a Verona dal 14 settembre 2000 al 17 maggio 2003 hanno ottenuto il decreto di convalida il 9 novembre 2007.

Fonti e bibliografia

  • Isacem, Righini, Biografie, b. 27.
  • Flavio e Gedeone Corra testimoni di Cristo e della patria, a cura dell’Azione cattolica diocesana di Verona, Tip. Nigrizia, Verona 1963.
  • Andrea Tornielli, Jacopo Guerriero, Partigiani di Dio. Flavio e Gedeone Corra, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005.
  • Vittorino Stanzial, Flavio e Gedeone Corrà, in Testimoni della Chiesa italiana: dal Novecento ai nostri giorni, a cura di E. Guerriero, San Paolo, Cinisello Balsamo 2006, pp. 166-172.

Hanno fatto parte di Gioventù italiana di Azione cattolica anche:

ISACEM – Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI
Via Aurelia, 481 – 00165 Roma. Tel. 06.66 27 925 – 06.66 132 443 – info@isacem.it

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