Teodoro de Rinaldini, noto semplicemente come Doro Rinaldini, nacque a Trieste il 2 ottobre 1908, terzo e ultimo figlio del barone Rodolfo, avvocato, e di Camilla Bozza. Il nonno Teodoro, dal 1890 al 1897, era stato luogotenente imperiale del Litorale austriaco, che comprendeva le province di Trieste, Gorizia e dell’Istria, e il padre Rodolfo fu tra i fondatori del Partito popolare, partecipando al Congresso nazionale del 1919, e segretario del partito triestino dal 1921 al 1923, oltreché primo presidente della Giunta diocesana dell’Azione cattolica di Trieste e Capodistria. Nel 1927 fu tra coloro che avrebbero dovuto favorire l’espatrio di De Gasperi, arrestato sul treno diretto a Trieste; tra il 1939 e il 1941 fu confinato a San Giorgio Lucano, in provincia di Matera.
Nell’aprile del 1915, all’approssimarsi dell’entrata in guerra dell’Italia, la famiglia si trasferì ad Abbazia, sulla costa orientale dell’Istria, per rimanervi fino al dicembre 1917, dopo la battaglia di Caporetto. Ad Abbazia R. frequentò la scuola in lingua tedesca. Nel 1919, rientrato a Trieste, s’iscrisse al circolo studentesco «Contardo Ferrini» della Società della gioventù cattolica, divenendone segretario. Fu particolarmente attivo nella Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli. Studiò al liceo scientifico “Guglielmo Oberdan” e si laureò in Scienze politiche all’Università di Padova nel 1930.
Non iscritto al Partito nazionale fascista, figlio di un sorvegliato politico, cercò lavoro all’estero, trovandolo a Praga, dove si trasferì nel 1931, alle dipendenze della Sicmat (Società italiana commercio materie tessili). Nel 1935, sempre a Praga, passò alla Ras (Riunione adriatica di sicurtà), prima come procuratore e poi come vicedirettore dell’Ufficio turistico. All’annessione dei Sudeti alla Germania nel 1938, rientrò in Italia: prima come direttore del casinò municipale di Levanto (La Spezia), poi all’Utat (Ufficio turistico dell’Adriatico Trieste) nella sua città natale, quindi all’Ufficio viaggi Avita di Abbazia, dove aveva brevemente vissuto da bambino, e infine al Cit di Bressanone (Bolzano). Nel 1941 rientrò definitivamente a Trieste come dirigente dell’Utat, lavoro che mantenne fino al 1945, quando cominciò la carriera politica. Dal matrimonio con Lydia Florit nacquero, tra il 1932 e il 1943, cinque figli: tre a Praga, una a Bressanone e uno a Trieste.
Entrò nella Resistenza nel 1944 promuovendo cicli di conferenze sociali, in particolare tra gli operai del Cantiere «San Marco». Nel febbraio 1945, dopo l’arresto del presidente del Cln don Edoardo Marzari, fu chiamato a rappresentare la Democrazia cristiana nel Comitato di liberazione nazionale di Trieste.
Fu indicato consigliere e assessore comunale ai Servizi demografici dal 1945 al 1949 (a Trieste non si tennero elezioni prima di quella data). Fu eletto nel 1949 e di nuovo nel 1952, ricoprendo ancora la carica di assessore, prima ai Servizi demografici e in seguito alla Polizia e all’Annona e ai Tributi. Dal 1945 al 1949 fu segretario provinciale della Camera confederale del lavoro. Si occupò del movimento giovanile della Dc e dell’Associazione sportiva «Libertas». Nel 1960 fu eletto consigliere d’opposizione nel comune di Duino-Aurisina e nel 1963 fu candidato al Senato, senza tuttavia essere eletto.
Nel 1964 fu eletto invece consigliere della prima legislatura della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, divenendone il primo presidente del consiglio. Fu rieletto nel 1968.
Morì improvvisamente il 2 gennaio 1970.