Franca Bellotti nacque il 26 ottobre del 1926 a Bologna. Fin da giovanissima fu iscritta al circolo della Gf nella parrocchia di San Giovanni in Monte, dove nel tempo ebbe anche incarichi di responsabilità. In questo contesto ebbe la possibilità di conoscere e apprezzare l’opera di monsignor Emilio Faggioli, particolarmente attivo nell’attività di propaganda dell’associazione, del quale seguì i corsi di formazione e le iniziative sociali. Diplomatasi alle scuole professionali, dal 1941 la giovane trovò occupazione come impiegata per poter contribuire alle modeste finanze familiari.
Dopo aver assistito agli eventi che condussero alla caduta del regime fascista e alla ratifica dell’armistizio di Cassibile con le forze angloamericane già presenti in forze nel territorio della penisola, B. prese immediati contatti con il movimento resistenziale che andava costituendosi nel bolognese e, soprattutto, diede il proprio contributo allo sviluppo clandestino della Democrazia cristiana. Operando particolarmente in appoggio all’attività clandestina di Angelo Salizzoni, la giovane decise di mettere a disposizione la propria abitazione in via Santa Lucia per ospitare diversi incontri del locale Cln.
Desiderosa di prodigarsi attivamente a favore dei più bisognosi, con un gruppo di socie della Gf, tra le quali vi erano anche Rosalia Roveda e Vittoria Rubbi, fece parte del gruppo Pro-Ra (Pro rastrellati), sodalizio volto ad assicurare l’assistenza morale e materiale dei rastrellati che passavano dalle cosiddette Caserme rosse, un campo di concentramento attivo nella città di Bologna gestito direttamente dai tedeschi. L’organizzazione, costituita e coordinata dal cappellano del campo don Giulio Salmi (riconosciuto nel dopoguerra partigiano nella 6ª brigata Giacomo), si avvaleva dell’aiuto di suore, volontari e crocerossine e, oltre a prestare aiuto ai prigionieri, tentava anche di posticipare quanto più possibile la deportazione in Germania degli internati, di aprire canali sicuri per la fuga dei prigionieri e di mantenere i contatti con le loro famiglie. Questa attività poté essere assicurata fino al 10 ottobre del 1944 quando, dopo aver a lungo sospettato dell’opera condotta da don Salmi e dal suo gruppo, i militi nazisti accusarono apertamente la Pro-ra di favorire la fuga dei rastrellati e decisero di allontanare, secondo alcune testimonianze gettandolo fuori «a calci», definitivamente il sacerdote dal campo.