Piero Boidi nacque il 9 marzo del 1923 a Genova da Cristoforo e Francesca Barberis. Dopo pochi anni, insieme alla sua famiglia, si trasferì a Cantalupo, piccola frazione del comune di Alessandria, dove ebbe modo di attendere agli studi elementari e medi. Fin da giovanissimo, inoltre, fu attivo nell’ambiente dell’Azione cattolica alessandrina come socio della Giac e si impegnò nell’insegnamento del catechismo ai ragazzi più piccoli. Iscrittosi all’istituto magistrale della città piemontese, dopo aver ottenuto il diploma decise di intraprendere la carriera universitaria fino a quando, però, non fu costretto a rispondere alla chiamata alle armi per assolvere gli obblighi di leva. Dopo un breve periodo di formazione militare, venne nominato caporale maggiore del corpo dei granatieri.
A seguito della ratifica dell’armistizio di Cassibile decise di lasciare il suo reparto per non essere costretto ad arrendersi ai tedeschi e ad arruolarsi nella Wehrmacht. Allo stesso modo, inoltre, scelse di non ripresentarsi al comando per rispondere ai bandi di leva emessi dalla Rsi e preferì darsi alla macchia per non doversi inserire tra le fila dell’esercito fascista. Presi contatti con il movimento resistenziale che andava organizzandosi nell’alessandrino, B. decise di raggiungere l’8ª divisione Gl, guidata dall’azionista Luciano Scassi, che operava principalmente nel territorio compreso tra Acqui e Ovada. Fu in questo periodo che decise di collaborare attivamente alla realizzazione del foglio «Il Risveglio», giornale clandestino del Pd’A, che veniva prodotto a Cantalupo e vedeva la collaborazione di diverse donne che, attraverso la loro rete di contatti, ne curavano la distribuzione e la circolazione.
Nel corso del tempo, vista la sua preparazione militare e il grande carisma che riuscì a dimostrare nei confronti dei partigiani più giovani, venne designato nel ruolo di comandante di una brigata partigiana operante principalmente nella bassa val Bormida. Trasferitosi quindi a Mombaruzzo, piccolo comune in provincia di Asti, dopo l’estate del 1944 diede ampio supporto alla Resistenza nella zona dell’Alto Monferrato e, nel corso del mese di settembre, la sua fu tra le bande che resero possibile liberare un’ampia area compresa tra il Tanaro, le Langhe, l’Albese e la pianura alessandrina. Questo territorio, controllato stabilmente dai partigiani, vide l’instaurarsi di diverse forme di autogoverno cittadino e, inoltre, il coordinamento di una giunta unitaria con sede a Nizza Monferrato.
Il 20 ottobre del 1944 la zona libera dovette subire l’attacco in forze organizzato dai comandi dell’esercito repubblicano, coadiuvato dalla Gnr, dalla brigata nera di Alessandria e da alcuni militi tedeschi messi a disposizione per l’occasione. Nei combattimenti che seguirono, B. venne catturato e posto in stato di arresto mentre si trovava a Mombaruzzo insieme ad altri due compagni partigiani. Condotto nella piazza del paese, venne interrogato dal generale Raffaele Delogu e duramente percosso e seviziato per indurlo a fornire informazioni utili all’individuazione dei responsabili del movimento resistenziale. Trinceratosi dietro un ostinato silenzio, B. venne caricato su un camion e condotto alla periferia del paese dove, dopo avergli fatto credere di potersi considerare libero, un gruppo di tre militi fascisti lo colpì alle spalle con una sventagliata di mitra.
Nel dopoguerra alla memoria di B. venne decretata la medaglia d’argento al valor militare.