Nunzio Cimarelli nacque il 23 giugno del 1922 a Tolentino, in provincia di Macerata da Giuseppe e Rosa Mari. Dopo aver atteso agli studi elementari e medi presso il paese natale, decise di abbandonare il percorso scolastico per trovare un impiego che gli permettesse di contribuire alle finanze familiari. Dopo alcuni lavori saltuari, venne assunto in qualità di meccanico presso un’officina locale. Fin da giovanissimo fece parte, come aspirante prima e come socio effettivo poi, del circolo Giac «San Francesco» attivo presso la basilica di San Nicola. Vista la serietà e la dedizione verso le attività associative, gli venne assegnato il compito di responsabile della biblioteca parrocchiale e, successivamente, quello di delegato Aspiranti. In quest’ultimo ruolo venne chiamato a far parte anche della presidenza diocesana.
Nel 1941, allora diciannovenne, venne richiamato sotto le armi per assolvere gli obblighi di leva nel Regio esercito. Dopo un breve periodo di formazione militare, venne dapprima spedito in Croazia per il presidio delle postazioni italiane avanzate e successivamente trasferito con il suo reggimento in Albania per combattere sul fronte greco-albanese. Fu in questa nuova destinazione che venne raggiunto dalla notizia della firma dell’armistizio di Cassibile che, pur ponendo fine alle ostilità con gli angloamericani, lasciava drammaticamente aperto il nodo circa i rapporti da tenere con l’ex alleato germanico. In particolar modo, vista l’ambiguità degli ordini provenienti dal governo Badoglio e l’incertezza dei comandi militari sull’opportunità di resistere all’inevitabile offensiva tedesca, i reparti cominciarono a sbandarsi e diversi suoi commilitoni decisero di lasciare il loro posto per trovare una via di fuga e non rischiare la deportazione in Germania.
Raggiunto dall’ordine di arruolarsi nell’esercito tedesco, fin da subito ribadì la fedeltà al giuramento verso il re e scelse di non servire tra le fila della Wehrmacht. Posto in stato di arresto, venne condotto nelle carceri di Valona e rinchiuso in attesa di essere deportato in Germania. Col passare del tempo le condizioni di vita che caratterizzarono la sua prigionia si fecero sempre peggiori, con lunghi periodi di digiuno e frequenti episodi di violenza che avevano lo scopo di indurlo ad accettare l’arruolamento coatto. Dopo diversi mesi passati in estrema difficoltà, C. morì l’8 giugno del 1944 a causa del duro trattamento ricevuto.