Alberto Avanzini nacque il 3 giugno del 1922 a Parma. Cresciuto in un ambiente familiare imperniato su una profonda religiosità, fin dalla giovinezza fu iscritto al circolo Giac attivo nella parrocchia della Santissima Trinità della città emiliana.
Nell’estate del 1942, allora ventenne, venne richiamato sotto le armi per assolvere gli obblighi di leva. Fu in questa occupazione che fu raggiunto della notizia della caduta del regime fascista e, successivamente, da quella della ratifica dell’armistizio di Cassibile. Subito dopo l’8 settembre, a causa dell’ambiguità delle direttive ricevute dai comandi militari in merito all’atteggiamento che si sarebbe dovuto mantenere di fronte all’ex alleato germanico, i tedeschi riuscirono in poco tempo e senza riscontrare un’adeguata resistenza, ad occupare le zone strategiche dell’Italia centro-settentrionale. Dopo essersi consultato brevemente con i suoi commilitoni, A. decise di rifiutare il reclutamento coatto tra le fila della Wehrmacht e decise di consegnarsi ai tedeschi per ribadire la sua volontà di non servire sotto un esercito straniero. Questa scelta gli costò l’immediata deportazione nello Stalag XXA situato presso la città di Toruń in Polonia.
Dal giorno della sua partenza poco si seppe della sua vita da internato, che ebbe termine il 30 aprile del 1944 presso l’ospedale interno alla struttura per, secondo alcune testimonianze, l’eccessivo sforzo compiuto durante il lavoro forzato e la ormai eccessiva denutrizione.