Giovanni Barbero nacque il 15 aprile del 1925 a Costigliole Saluzzo, piccolo paese in provincia di Cuneo, da Antonio e Maddalena Giraudo. Cresciuto in un ambiente familiare di radicate tradizioni cattoliche, fin da giovanissimo fece parte del circolo Giac attivo nella parrocchia del paese natale. Dopo aver concluso le scuole elementari dovette interrompere il percorso scolastico per aiutare il padre nel lavoro nei campi e sostenere la famiglia che era dedita alla cura dei terreni di proprietà.
Nell’estate del 1943 venne richiamato per assolvere agli obblighi di leva e si presentò presso il distretto militare di Cuneo per attendere al periodo di formazione militare. Fu in questa destinazione che si vide raggiunto dalla notizia della caduta del regime fascista e, successivamente, da quella della ratifica dell’armistizio di Cassibile che decretava la resa incondizionata agli Alleati ma, al contempo, lasciava il campo a una forte ambiguità circa i rapporti da tenere con le forze tedesche che nel frattempo si affrettarono a occupare le zone strategiche dell’Italia centro-settentrionale. Resosi conto del generale sbandamento dei comandi militari e del suo reparto, il giovane decise di far ritorno a casa per non dover essere costretto a servire l’esercito nazista o essere internato nei campi di concentramento.
Dopo aver trascorso alcuni mesi presso l’abitazione familiare, cominciò a intessere i primi contatti con il movimento resistenziale già attivo nella zona. Fu però solo con la promulgazione dei bandi Graziani, che richiamavano tra le fila del nuovo esercito della Rsi anche la sua classe di leva, che si convinse a darsi alla macchia per raggiungere le formazioni partigiane. Il 2 marzo del 1944 si unì così alle fila della brigata Val Grana «Paolo Braccini» della I divisione alpina Gl che, al comando di Alberto Bianco, aveva la propria base operativa a Pradleves, in Valle Grana. Il forte legame tra il territorio e la banda era sottolineato dall’articolo che Dante Livio Bianco, commissario divisionale e fratello maggiore del comandante, aveva firmato con lo pseudonimo «Piantagrane» nella prima uscita della testata clandestina «La Grana»: «Tra la Brigata e la valle si è creato un legame intimo e profondo, indistruttibile. Testimonianza di questo legame è offerta dalla stessa denominazione, oltreché della Brigata, anche delle bande di cui la Brigata si compone: bande che si chiamano, infatti, “Monte Bram”, “Pradleves” e “Monterosso”, sull’esempio di quegli indimenticabili battaglioni alpini che s’intitolavano al nome di paesi di montagne locali». In effetti, l’attività della formazione fu a lungo facilitata dai buoni rapporti che si vennero subito instaurando con la popolazione locale.
Nel corso di febbraio del 1945, come reazione all’attacco partigiano a un treno sulla linea Torino-Cuneo che portò alla cattura di una ventina di soldati tedeschi e fascisti, i comandi militari nazisti organizzarono una vastissima operazione di rastrellamento in Val Grana, per tentare di fiaccare il movimento resistenziale ormai ben radicato nella zona. In questo contesto, il 13 febbraio la formazione di B. venne raggiunta da alcuni reparti nazifascisti che costrinsero i partigiani a uno scontro in campo aperto e, nelle prime fasi del combattimento, mentre cercava di eludere le linee nemiche per raggiungere i comandi della divisione e chiedere l’invio di rinforzi, il giovane venne individuato e colpito da una scarica di mitra che lo lasciò esanime a terra. Secondo alcune testimonianze, al termine della giornata alcune persone che raggiunsero il campo di battaglia per recuperare i corpi gli trovarono nella giacca, come unico documento di riconoscimento, proprio la tessera della Giac.
Con decreto presidenziale del 6 febbraio 1961 alla sua memoria venne assegnata la medaglia di bronzo al valor militare con la qualifica di partigiano combattente e la seguente motivazione: «In una difficile azione di collegamento per portare oltre le linee un ordine di operazione, sorpreso dal nemico in agguato cadeva ferito mortalmente. In un supremo sforzo, distruggeva, prima di esalare l’ultimo respiro, il documento che avrebbe dovuto consegnare. Esempio mirabile di attaccamento al dovere e di sacrificio. Monterosso Grana, 14 febbraio 1945».