Aldo Di Loreto nacque a Barrea, in provincia de L’Aquila, il 9 novembre 1910 da Giulio e Maria Mancini.
Compì gli studi elementari e medi presso il paese natale dove, tra l’altro, ebbe modo di prendere parte alle attività del gruppo della Giac attivo in parrocchia. Successivamente si spostò a Urbino per frequentare il ginnasio e il liceo e, ottenuto il diploma, si iscrisse alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università degli studi di Pisa, spostandosi poi nell’ateneo di Napoli dove, nel 1935, discusse la sua tesi di laurea ottenendo il massimo dei voti.
Terminato il suo percorso accademico, nel 1936 venne richiamato sotto le armi per assolvere gli obblighi di leva. Fu dunque ammesso alla scuola di sanità militare di Firenze e, dopo il periodo di formazione, ottenne il grado di sottotenente medico e fu assegnato al 2° reggimento del genio. Un mese dopo gli venne concesso, su richiesta, di essere inviato come volontario in Africa orientale, dove prese parte alle operazioni di guerra del I battaglione del 10° reggimento granatieri di Savoia. In questa destinazione rimase fino alla primavera del 1938 quando, rientrato in patria, venne nuovamente assegnato come ufficiale medico a un battaglione di Granatieri destinato a Shangai.
Fatto ritorno in Italia, conseguì la nomina a ufficiale medico in servizio permanente effettivo dell’aeronautica militare. Richiamato nell’ottobre del 1939, si mise a disposizione come specialista odontoiatra nei gabinetti dentistici degli aeroporti di Furbara e Centocelle. Trasferito in Africa settentrionale nel giugno del 1941, dovette seguire le alterne vicende del fronte e, quindi, rimpatriò dopo un anno di guerra per malattia, riprendendo servizio nel settembre 1942 nell’aeroporto di Centocelle.
Promosso capitano, la notizia della firma dell’armistizio di Cassibile lo colse mentre si trovava nel paese natale in licenza di convalescenza da un’operazione subita. D. prese immediati contatti con gli ambienti antifascisti della zona e, nell’ottobre del 1943, divenne il punto di riferimento dei tanti giovani che non vollero rispondere alla chiamata alle armi del bando di coscrizione coattiva emanato dal comando militare tedesco. Postosi alla testa di una delle prime formazioni di opposizione all’occupazione organizzatasi in Abruzzo, guidò i suoi compagni verso le montagne presenti nella zona per prendere parte alla lotta di liberazione nazionale.
Nelle prime fasi, vista l’endemica mancanza di armi e munizioni che caratterizzava l’operato della banda, l’azione del gruppo fu principalmente rivolta all’assistenza alla popolazione civile, attraverso l’apertura di canali sicuri per il passaggio di ricercati e renitenti alla leva verso le linee alleate, e di sabotaggio alle linee di comunicazione delle guarnigioni tedesche. A questo, ovviamente, D. non mancò di far corrispondere anche operazioni di guerriglia armata e azioni di disturbo verso le divisioni nazifasciste.
Durante una vastissima operazione di rastrellamento condotta dagli occupanti per fiaccare la Resistenza attiva nella zona e per individuare le personalità a capo del movimento, il 25 ottobre del 1943, a seguito di delazione, D. venne raggiunto e catturato da un reparto di militi tedeschi che lo posero in stato di arresto. Nei giorni successivi fu costretto a subire sevizie e torture per indurlo a rivelare posizione e consistenza delle formazioni partigiane del territorio abruzzese. Trincerato dietro un ostinato silenzio, fu giudicato dal tribunale tedesco di guerra, presieduto dal colonnello Boden e, vista la sua persistente volontà di non rivelare informazioni, D. fu condannato a morte.
Il 12 novembre del 1943 venne dunque condotto davanti al plotone di esecuzione lungo il muro di cinta del cimitero comunale di Villetta Barrea, piccolo paese in provincia de L’Aquila. Chiese all’ufficiale responsabile delle operazioni di non essere bendato e, prima di essere raggiunto fucilato, ebbe tempo per gridare un ultimo: «Viva l’Italia!».
In memoria del sacrificio di D., al termine della guerra, l’Istituto di medicina legale di Roma e l’Istituto nazionale di medicina aerospaziale dell’aeronautica assunsero il suo nome. La medaglia d’oro al valor militare, con la qualifica di capitano medico in servizio permanente effettivo del corpo sanitario aeronautico e partigiano combattente, riporta la seguente motivazione: «Ufficiale medico di alto valore professionale e di brillanti doti militari, organizzava dopo l’armistizio una banda armata che, nelle montagne abruzzesi, esplicò continua azione di sabotaggio interrompendo collegamenti telefonici tra batterie antiaeree tedesche, effettuando sbarramenti stradali, distruggendo teleferiche adibite al trasporto di munizioni in montagna, aiutando i prigionieri alleati a passare le linee. Catturato da una pattuglia tedesca veniva, dopo sommario processo, condannato a morte. Calmo e sereno rifiutava con fiero stoicismo di essere bendato e dopo di avere indicato al plotone di esecuzione di mirare al cuore, cadeva senza fremito al grido di: “Viva l’Italia”. Fulgido esempio di puro eroismo che continua e rinnova la tradizione dei martiri del nostro Risorgimento. Cimitero di Villetta (Barrea), 12 novembre 1943».