Guido Revoloni nacque a Vicenza, in località Polegge, il 29 novembre 1919, da Edvige Saffo Torelli, di origini mantovane, e Giovanni Battista, primo di quattro figli. Dopo di lui nacquero tre sorelle, Lina, Teresa e Anna Maria. La madre, donna molto religiosa, indirizzò la formazione dei figli seguendo un cattolicesimo aperto ma rigoroso. Il padre era capo officina presso la ditta di impianti Fiaccadori in via San Marco e nella stessa strada la famiglia si stabilì nel 1930. R. frequentò il patronato Leone XIII e il seminario vescovile di Vicenza dove completò il ginnasio. Nel 1936 si iscrisse all’Istituto magistrale di Vicenza, conseguendo l’abilitazione magistrale nel 1938. Proprio in quell’anno morì, a nove anni, la sorella minore, Anna Maria, a cui il giovane era molto legato. Nel 1940 R. conseguì anche la maturità classica al liceo Maffei di Verona. Si iscrisse quindi alla facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Padova. Nel frattempo frequentò con assiduità gli ambienti ecclesiali, la parrocchia di San Marco, l’Azione cattolica diocesana e la Fuci, di cui divenne segretario. In quel periodo di formazione, tutte le testimonianze concordano nel definirlo un giovane riservato, serio, impegnato nello studio e intento a coltivare amicizie profonde. Nei suoi progetti c’era l’insegnamento. Le testimonianze dei ragazzi di San Marco, che lui aiutò a preparare gli esami, delle reclute del I reggimento Alpini di Mondovì e dei ragazzi cui dava lezione da sfollato, quando le scuole furono chiuse a causa dei bombardamenti, attestano la sua forte attitudine per l’insegnamento. Nella vita quotidiana lo troviamo sempre disponibile a prestare aiuto a chi era nel bisogno: familiari, amici, compagni di studi. Fu per molti un buon amico di cui fidarsi e godere di piacevole compagnia. Accanto allo studio coltivò attività manuali e tecniche, sicuramente ereditate dall’esperienza paterna, che lo coinvolsero in ingegnose realizzazioni.
L’entrata in guerra dell’Italia comportò, con effetto dall’anno accademico 1941-42, il venir meno di ogni concessione di tardato arruolamento per gli studenti. Anche R. si arruolò, entrando nel corpo degli Alpini, destinato al corso preparatorio presso la Scuola centrale di alpinismo di Aosta. Completò il percorso a Bassano. Alla fine del ’42, da sottotenente, venne inviato come istruttore del battaglione reclute a Mondovì, al I reggimento Alpini. Vi rimase fino all’armistizio dell’8 settembre 1943. Nella confusione generale, in assenza di ordini superiori, R. si trovò a decidere in prima persona. Lasciò la caserma di Chiusa di Pesio il 12 settembre, rientrò a Vicenza e trascorse alcuni giorni nascosto nei Colli Berici. Si confrontò con gli amici e maturò la decisione di schierarsi con la Resistenza e di unirsi alla rete clandestina che si stava formando anche a Vicenza.
A causa dei bombardamenti R. si rifugiò con la famiglia in campagna, presso una casa colonica. In quella abitazione, in quella dell’amico Nico Colpo e nelle stanze della parrocchia di Cavazzale impartì lezioni. Ma questa era solo una faccia della medaglia: la gran parte del suo tempo – intere notti – spesso all’insaputa della famiglia, fu dedicata all’attività partigiana. Il settore di cui faceva parte era affidato a Guido Griguol, dal 1942 segretario comunale di Monticello. R. divenne amico di don Luigi Pascoli, parroco di Povolaro, e di don Didimo Mantiero, cappellano di Cavazzale e cugino di Italo Mantiero di Novoledo, comandante della brigata Loris. I due sacerdoti erano le guide spirituali di tanti giovani partigiani, che nella canonica di Povolaro tenevano le riunioni e curavano i contatti con altre formazioni presenti nella provincia di Vicenza. Da Italo Mantiero R. ricevette l’incarico di formare un gruppo di giovani che non avessero aderito ai bandi di chiamata alle armi della Rsi. Nell’attività segreta era coadiuvato dalla sorella Lina, collaboratrice generosa, che fungeva da staffetta di raccordo tra i vari nodi della rete partigiana. La formazione militare diede a Guido strumenti importanti per l’attività cospirativa: la conoscenza delle armi e dei sistemi esplosivi, le trasmissioni radio, la topografia e la cartografia. Queste conoscenze, unite alle sue capacità manuali, ne fecero un valido partigiano di pianura: falsificava documenti, stampava e diffondeva volantini contro le disposizioni del regime fascista, compiva azioni di sabotaggio, sempre attento a non mettere in pericolo la vita di innocenti passanti. Il 9 novembre 1944 venne fatto saltare il cavalcavia di Povolaro, bloccando così per giorni la strada provinciale per Bassano e la ferrovia per Schio: R. ne fu il responsabile. L’azione non provocò rappresaglie. Collaborò con i suoi giovani, con gli amici della città e con don Frigo che scriveva sul foglio clandestino «La nostra voce».
Gli ultimi giorni di guerra lo videro impegnato fino all’esaurimento delle energie fisiche: tra il 24 e il 25 aprile ricevette da Chilesotti e Carli, i comandanti della divisione Ortigara, le direttive per le ultime azioni e l’assegnazione di alcuni uomini di rinforzo. Il 28 aprile prese contatti, alle prime ore del mattino, con il capostazione di Cavazzale per ricevere informazioni sui nuclei sbandati tedeschi sparsi per il territorio. Dovette fronteggiare nuclei di germanici che si arrendevano sia vicino a casa sua, sia in paese a Monticello. Erano i giorni tremendi in cui caddero molti dei suoi amici, anche i comandanti della sua divisione, Chilesotti, Carli e Andretto, fucilati a Sandrigo dai tedeschi in fuga. Lo stesso R. rischiò la vita in uno scontro con sbandati tedeschi che non si volevano arrendere. Le operazioni di rastrellamento nella zona di competenza del XII distaccamento terminarono la sera di domenica 29 aprile. La guerra era finita.
Si poteva tornare alla normalità. Ma l’impegno di R. continuò. Sostituì il capo-settore Griguol nella fase provvisoria di transizione dopo la fine della guerra e assunse il comando del presidio di Cavazzale e Monticello. Sciolse le tensioni accumulate da mesi di contrapposizione fratricida e si impegnò per evitare intolleranze e vendette, e partecipò alla Consulta sociale diocesana, diretta da mons. Arena e Mariano Rumor, e, tra aprile e maggio, alle riunioni di rifondazione della Dc.
La vita riprendeva, ma i campi, che egli conosceva palmo a palmo, erano ancora disseminati di bombe antiuomo inesplose. Gli addetti alla bonifica erano stracarichi di lavoro, così R. si rese disponibile per raccogliere e far brillare gli ordigni, permettendo così ai contadini di tornare a lavorare la terra. Si trattava di bombe leggere, a spillo ed a farfalla, piovute numerose nei pressi di comandi, di magazzini, di accantonamenti. Ne era particolarmente infestata la zona, in particolare quella fra Vivaro e la linea ferroviaria Vicenza-Schio. Domenica 27 maggio R. era a Dueville insieme a Nico Colpo e a Remo Pento. Avevano già raccattato una settantina di bombe. Quel giorno raccolsero tre bombe a farfalla, quando R., nel maneggiarne una, venne dilaniato dall’esplosione. A don Didimo Mantiero, che lo ammoniva del rischio che stava correndo, aveva risposto: «Iddio mi ricompenserà in Cielo, perché Egli sa che io arrischio la mia vita solo per salvare quella dei contadini».
A Guido Revoloni furono intitolate due vie, una a Dueville e una a Cavazzale. A Dueville nei pressi del luogo in cui è morto si trova un cippo a lui dedicato.
L’11 giugno 1947 l’Università di Padova conferì a R. e ad altri 125 universitari caduti per la libertà, tra cui Chilesotti e Fraccon, la laurea honoris causa.
Il 15 giugno 1947 l’amministrazione comunale di Monticello Conte Otto gli dedicò una piazza con la seguente motivazione: «Visto che è doveroso ricordare il caduto per la Libertà Guido Revoloni, aiutante maggiore del Capo Settore n. 12 del Movimento Clandestino durante la dominazione nazifascista; considerato che suddetto caduto ha svolto opera continua, tenace, intelligente ed ardita a favore del suddetto Movimento».
I rappresentanti delle locali associazioni di alpini e partigiani, dell’Istrevi, dell’Azione cattolica diocesana, le unità pastorali di Dueville e Monticello Conte Otto, il comune di Vicenza e il comune di Monticello Conte Otto hanno firmato una petizione inoltrata dal comune di Dueville alla prefettura di Vicenza perché sia riconosciuta a R. la medaglia al valor civile. Tale richiesta è stata inoltrata al ministero dell’Interno nel corso del 2020.