Francesco Besso nacque a Vignale Monferrato, in provincia di Alessandria, nel 1921. Ancora molto giovane entrò a far parte dell’Associazione giovanile di Ac di Vignale, nella diocesi di Casale Monferrato, frequentando il gruppo degli Aspiranti maggiori.
Trasferitosi a Milano, frequentò la Scuola commerciale inferiore e, successivamente, l’Accademia di belle arti di Brera. Concluso il percorso di studi, B. esercitò, per breve tempo e sempre nella città lombarda, la professione di disegnatore.
Il 20 gennaio 1941 venne chiamato in servizio sotto le armi e arruolato nel regio esercito, quindi si vide assegnato al 27° raggruppamento artiglieria. Dopo un addestramento di cinque mesi venne affidato alla batteria da 20 mm contraerei e, il 15 giugno 1941, inviato in Albania. Il 27 aprile 1942 venne quindi destinato a Rodi e aggregato al Quartier generale del Comando superiore delle forze armate dell’Egeo. Dopo essere stato promosso alla qualifica di sergente, il 27 agosto 1943, venne raggiunto dalla notizia della firma dell’armistizio dell’8 settembre. Tentata una coraggiosa ma effimera resistenza insieme al suo reparto, fu fatto prigioniero dalle preponderanti forze della guarnigione tedesca di stanza nell’isola e rinchiuso in un campo di internamento non molto distante.
Durante la sua prigionia B., sfruttando le capacità di disegnatore che aveva perfezionato in accademia e durante la sua attività professionale, si impegnò in una rischiosa attività di propaganda contro le forze nemiche, producendo una decina di quadretti satirici e caricaturali che irridevano le figure del Führer e delle truppe nazifasciste. Per la sua ferma volontà di non aderire in nessun modo alle richieste di reclutamento che provenivano dagli ufficiali tedeschi, sia in qualità di combattente nella Wehrmacht che come civile impegnato nelle fabbriche del Reich, divenne in breve tempo figura di riferimento tra i suoi commilitoni che condividevano la prigionia con lui. Più volte, infatti, con il suo esempio esortò i compagni a non collaborare con il nemico e a non farsi piegare da lusinghe o minacce.
Dopo essere stato scoperto dai tedeschi, a seguito di delazione da parte di un suo commilitone, B. venne processato con l’accusa di aver oltraggiato Hitler e altri capi nazisti e condannato a morte come disfattista. Nell’attesa dell’esecuzione venne condotto nelle carceri di Rodi dette “Regina” e, in questo luogo, per i successivi quattro giorni ebbe la possibilità di essere visitato dal cappellano militare don Giuseppe Della Vedova.
Il 27 febbraio 1945 venne trasportato in località Bel Passo, dove ebbe luogo la fucilazione. Una volta legato al palo e posto innanzi al plotone, gli fu chiesto se avesse qualcosa da dire, ed egli rispose: «Domani che mi facciate vedere del pane. Vederlo, anche senza mangiarlo», a riprova delle immense privazioni che fu costretto a subire durante il periodo di prigionia. Prima di essere colpito da una scarica di mitra gridò: «Viva l’Italia!». Al cappellano Della Vedova venne concesso di raccogliere il corpo senza vita di B., che decise di seppellire vicino al luogo dell’esecuzione. La sua salma, recuperata e ricomposta, venne poi trasferita al cimitero cattolico della Missione francescana di Rodi.
Nel 1945 gli venne conferita la medaglia d’oro al valor militare alla memoria con la qualifica di sergente d’artiglieria e la seguente motivazione: «Alla data dell’armistizio dell’8 settembre 1943, dopo avere strenuamente combattuto contro i tedeschi, cadeva prigioniero del nemico. Malgrado promesse e minacce rifiutava sdegnosamente di collaborare con l’avversario ed esortava i suoi compagni a sopportare gli stenti e le privazioni della prigionia. Sfruttando le sue capacità artistiche di disegnatore, faceva propaganda antitedesca con disegni caricaturali che mettevano in ridicolo capi e forze armate nazifasciste. Scoperto per vile delazione, veniva processato per disfattismo e condannato a morte. Dinanzi al plotone di esecuzione dileggiava ancora il nemico e con il sorriso sulle labbra, al grido di “Viva l’Italia!” cadeva fulminato. Il suo fiero contegno suscitava l’ammirazione dei suoi stessi carnefici. Samos, 8 settembre 1943 ˗ Rodi, 27 febbraio 1945».