Martino Merotto nacque a Col San Martino, in provincia di Treviso, il 23 novembre del 1926 da Pietro e Giulia Zanon. Quando era ancora molto giovane si trasferì insieme alla famiglia a Torre Pellice, piccolo comune non molto lontano da Torino, dove fin da subito volle iscriversi al locale circolo Giac «San Martino» prima come aspirante, avendo modo di conoscere l’allora delegato Aspiranti e futura medaglia d’oro alla Resistenza Sergio Toja, poi come socio effettivo.
L’8 settembre del 1943 M., allora sedicenne e ancora studente, fu raggiunto dalla notizia della firma dell’armistizio di Cassibile, che poneva fine alle ostilità con le forze angloamericane ma lasciava aperto il nodo circa i rapporti da tenere con l’ex alleato germanico già presente con le proprie truppe nel territorio nazionale. A causa di questa ambiguità e incertezza, le truppe tedesche della Wehrmacht poterono dare avvio all’operazione Achse con la quale, sfruttando la mancanza di direttive e lo sbandamento dei reparti del Regio esercito, riuscirono a occupare tutti i centri nevralgici dell’Italia settentrionale e centrale. Fu così che il giovane, nel corso dei mesi successivi, ebbe modo di constatare la durezza dell’occupazione tedesca nell’Italia e di vedere la nascita della Repubblica sociale guidata da Mussolini.
Dopo aver preso contatti con il movimento resistenziale, quando venne richiamato sotto le armi del nuovo esercito della Rsi da uno dei bandi emanati dal generale Graziani, decise di rompere gli indugi e nel giugno del 1944 di aggregarsi alle fila della 5ª divisione alpina Giustizia e libertà, che aveva assunto il nome del suo vecchio delegato Aspiranti Toja, che operava nei pressi di Pinerolo e tra le valli Pellice, Germanasca e Angrogna. La sua attività clandestina non fu molto prolungata visto che già il 6 agosto successivo, dopo aver partecipato ad alcune operazioni di sabotaggio delle linee di comunicazione nemiche, venne individuato e catturato nei pressi della sua abitazione da una pattuglia fascista mentre girava armato insieme al suo compagno Emilio Eynard. Riconosciuto come partigiano, due giorni dopo venne impiccato a un palo della luce al centro del paese e lasciato alla vista della popolazione civile a monito per coloro che collaboravano con la Resistenza.