Narciso Brigadoi nacque a Predazzo, comune in provincia di Trento che insiste nella Val di Fiemme, il 25 agosto del 1918. Fin da giovanissimo fece parte del circolo Giac attivo nel paese natale e, nel tempo, venne anche designato nella carica di delegato aspiranti. Nel dopoguerra questo suo attaccamento all’associazione fu ricordato dai compagni in un brevissimo martirologio composto nel giornale diocesano: «I giovani dell’associazione lo ricordano con amore e con rimpianto: in lui, buono, attaccato alla sua fede, affezionato alla sua Associazione, vedevamo un modello, uno sprone ad essere come oggi la Chiesa vuole i suoi figli, i suoi apostoli laici. Dal cielo, unito ai migliori fratelli dell’associazione, chiedono vita pura, zelo ardente a tutti i soci, amore a Cristo e alla Chiesa a tutti i giovani di Predazzo».
Terminata la formazione scolastica, venne assunto come impiegato tecnico presso un’industria locale e in questa occupazione assistette allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Dopo un breve periodo di formazione militare, venne inserito tra le fila del battaglione Trento dell’XI reggimento della 5ª divisione alpina Pusteria dislocato sul fronte greco-albanese e, con il suo reparto, raggiunse dapprima la città di Valona, quindi il caposaldo organizzato a Berat, dove l’esercito si era attestato dopo le prime operazioni per difendere i confini dalla controffensiva greca. L’anno successivo, soprattutto grazie al fondamentale intervento delle truppe tedesche, le forze italiane riuscirono a sfondare definitivamente le difese nemiche, entrare in territorio greco e porre fine alle ostilità. B., che nel frattempo si era guadagnato una promozione a sergente e un encomio per la sua «intelligente operosità e profondo attaccamento al dovere», venne trasferito con il suo reggimento a presidiare le postazioni italiane in Montenegro, avendo modo di partecipare alle operazioni belliche sul fronte balcanico. Dopo un breve rimpatrio a La Spezia, la divisione Pusteria fu infine inviata in territorio francese, nell’Alta Savoia, per mantenere l’ordine nella zona di occupazione.
La notizia dell’armistizio dell’8 settembre 1943 lo sorprese dunque mentre si trovava ancora nella Francia sud-orientale. Vista l’ambiguità delle direttive provenienti dagli alti comandi e l’incertezza della posizione dei soldati italiani all’estero, gli ufficiali della sua divisione decisero di ordinare la ritirata verso i confini italiani, indicando ai soldati di mantenere un atteggiamento difensivo nei confronti dell’ex alleato germanico ma, al contempo, di ingaggiare battaglia in caso di offensiva di militi tedeschi. Il giorno successivo, mentre la colonna era in marcia nei pressi della città di Gap, alcuni reparti della Wehrmacht bloccarono le avanguardie italiane e intimarono ai soldati del Regio esercito di arrendersi e consegnare le armi. Mantenendo fede agli ordini ricevuti dai propri superiori, B. e i suoi commilitoni si rifiutarono di obbedire e decisero di opporsi ai nazisti. Nel breve scontro a fuoco che seguì il giovane cercò di guidare alcuni uomini nel tentativo di spezzare l’accerchiamento nemico per facilitare il generale ripiegamento della sua divisione ma, nonostante il successo ottenuto dal suo gruppo, fu raggiunto da una scarica di mitra che gli tolse la vita.
Nel dopoguerra venne insignito di medaglia d’argento al valore militare con la seguente motivazione: «Nell’improvvisa e grave situazione verificatasi a Gap (Francia) all’atto dello armistizio, ricevuto ordine di partecipare con un nucleo isolato allo sbloccamento del comando di reggimento assediato da soverchianti forze tedesche, collaborava con perizia e bravura all’apprestamento e all’esecuzione dell’azione. Caduto il comandante del nucleo, lo sostituiva prontamente a condurre innanzi i propri uomini fino a che cadeva alla loro testa, nel tentativo supremo di portare a compimento la missione affidatagli. Gap (Francia), lì 9 settembre 1943».