Antonio Costa nacque il 9 marzo del 1898 a Massa Lombarda, in provincia di Ravenna, da Angelo e Annunziata Dosi, quarto di dieci figli. La famiglia, di modeste condizioni economiche, basava il suo sostentamento sull’attività di venditore ambulante svolta dal padre.
Dopo aver atteso agli studi elementari e medi, il 15 ottobre 1911 C. entrò in seminario ad Imola e vi rimase per i successivi quattro anni. Rifiutata la sua richiesta di entrare alla Certosa di Farneta perché considerato ancora troppo giovane, il vescovo di Imola gli consigliò di entrare nell’eremo di Camaldoli, in provincia di Arezzo. Il 15 settembre del 1915, quindi, vestì l’abito e ricevette il nome di Gabriele dell’Addolorata. Già nel 1919, però, decise nuovamente di fare richiesta per entrare alla Certosa, vedendosi accolto solo l’anno successivo nella comunità di Vedana, in provincia di Belluno. Colpito da un grave problema di salute, però, ben presto si vide costretto a lasciare l’abito per far ritorno nel paese natale. Notevole fu il disappunto successivo a questo evento, come emerge da uno dei suoi scritti: «Lasciare tutto per essere scaraventato in mezzo alla società, in grembo ai pericoli che presenta la vita! Provai ogni via, studiai ogni mezzo per esser nuovamente accettato in Certosa, ma tutto invano… Dovermi secolarizzare!… questo pensiero mi incuteva un non so che di spavento. La vita secolare mi si affacciava alla mente, tetra, disseminata di spine e tranelli, ed io che fin da fanciullo ero vissuto all’ombra del santuario e del chiostro, quella vita mi terrorizzava».
Ricevute le cure del caso e trascorso il periodo di convalescenza, venne assunto come impiegato nell’agenzia del Credito romagnolo di Massa Lombarda. Avvicinatosi fin dal ritorno a casa agli ambienti dell’associazionismo cattolico, decise di fondare il circolo Giac «Giuseppe Toniolo» del quale venne nominato primo presidente. In questo periodo, insieme all’assistente ecclesiastico don Angelo Righetti, si impegnò a fondo per coordinare le attività del gruppo, organizzando convegni, giornate di studio e incontri di approfondimento sociale e culturale.
Nel luglio del 1922 fu ricevuto nuovamente alla Certosa di Vedana come postulante ma, presentato al capitolo, non venne accettato a causa dei suoi persistenti problemi di salute. Non arrendendosi all’impossibilità di perseguire la sua strada, tentò di andare alla Certosa di Valle Santa in Svizzera dove, il 5 gennaio del 1923, riuscì finalmente a prendere l’abito certosino. Scontando ancora le limitazioni di una salute instabile, venne invitato dal priore generale a recarsi a Montalegre, in Spagna, dove dopo quattro anni di noviziato fece i voti solenni e assunse il nome di Gabriele. Il 22 settembre del 1928, nella cappella del seminario conciliare, il vescovo di Barcellona monsignor José Miralles y Sbert gli conferì il sacerdozio.
L’8 gennaio 1929 fu chiamato alla Certosa di Firenze e qui ebbe la possibilità di conoscere Giorgio La Pira di cui, nel corso del tempo, divenne padre confessore. Trascorsi alcuni anni da padre maestro a Trisulti, in provincia di Frosinone, nel luglio del 1936 fu mandato alla Certosa di Pavia. In questo periodo ebbe modo di scrivere diversi volumi riguardanti l’arte e la storia dell’ordine certosino tra cui: S. Bruno. Fondatore dell’Ordine Certosino, con la prefazione di La Pira, uscito sotto lo pseudonimo di A. Mariani. Nel 1938, al termine di questo continuo peregrinare, entrò nella comunità della Certosa di Farneta, presso Lucca. Qui, grazie ai suoi studi e all’esperienza lavorativa avuta in banca, ebbe l’incarico di procuratore, impegnandosi nell’amministrazione del convento e nella direzione dei lavori agricoli e artigianali della comunità.
Nel periodo successivo all’armistizio dell’8 settembre, la Certosa di Farneta divenne punto di riferimento per un gran numero di militari sbandati, ebrei, ricercati politici ed ex prigionieri alleati, assicurando inoltre alloggio e ristoro anche ai profughi delle città bombardate. In questo contesto, con il permesso del priore della comunità, C. divenne il principale responsabile dell’opera di accoglienza e rifugio di tutte le persone che chiedevano aiuto. Già nei primi mesi di occupazione nazifascista, infatti, il certosino venne inquadrato nella formazione partigiana Pippo, operante nella zona di Lucca. Fu proprio per questi contatti con il movimento resistenziale che organizzò, d’accordo con i comandanti militari dell’XI zona patrioti, il collegamento con una radio trasmittente posta all’interno della Certosa per tenere i collegamenti con le forze angloamericane e l’esercito di liberazione nazionale. In questa sua continua opera, peraltro, ebbe modo di entrare in contatto con Giorgio Nissim, esponente della Delasem, e di servirsi anche dell’attività del noto ciclista Gino Bartali – socio di Azione cattolica e futura medaglia d’oro al valor civile – che, durante i tragitti di allenamento in bicicletta, spesso faceva tappa presso la Certosa per portare documenti falsi e per consegnarli agli ospiti perseguitati.
Il 1° settembre del 1944, probabilmente a seguito di delazione di un infiltrato, un reparto tedesco della 16ª SS-Panzergrenadier-Division Reichsführer fece irruzione nella Certosa. Subito individuata l’attività svolta all’interno della struttura, C. fu catturato mentre ancora si trovava nella sua cella. Costretto a svestirsi dell’abito e a indossare indumenti borghesi, venne dapprima impegnato nello spostamento della merce trafugata dai nazisti e poi a lungo interrogato per indurlo a rivelare la sua compromissione con il movimento partigiano e i nomi dei capi del Cln locale. A seguito di questa operazione, la Certosa venne occupata e il giorno successivo, dopo aver proceduto a diverse fucilazioni dei civili ospiti della struttura, i tedeschi condussero tutti i certosini prima a Nocchi di Camaiore e, successivamente, al carcere di Massa.
Il 10 settembre successivo, dopo aver interrogato e duramente seviziato i prigionieri, i nazifascisti presero C. e altre trentasei persone (di cui altri nove certosini) e li fucilarono lungo la strada che da Massa portava a Ponte al Forno, in località Fosse del Frigido.
Il presidente della Repubblica Luigi Einaudi, con suo decreto in data 27 ottobre 1951, concesse a C. la medaglia d’oro al valor militare alla memoria con la qualifica di sacerdote e partigiano combattente, con la seguente motivazione: «Dopo aver reso alla lotta di liberazione servizi veramente eminenti costituendo, ed in se stesso impersonando, un importante centro di raccolta, vaglio e trasmissione informazioni e dando, con cristiana pietà, asilo nel Monastero di Farneta a molti perseguitati dalla furia tedesca, cadeva, per delazione, nelle mani delle SS. germaniche. Duramente interrogato e sottoposto a tortura manteneva nobile ed esemplare contegno, molti salvando col silenzio e dando, con la sua eroica morte, nobile esempio di fedeltà alla Religione ed alla Patria. Certosa di Lucca, settembre 1943-1944».