Dall’Armellina Michelangelo

Michelangelo Dall'Armellina
Immagine: Archivio fotografico fondazione Dall’Armellina-Rubbi
Nome: Michelangelo
Cognome: Dall’Armellina
Luogo di nascita: Bozzolo
Provincia/stato: Mantova
Data di nascita: 17/07/1920
Luogo di morte: Vicenza
Data di morte: 15/02/1992
Ramo di Azione cattolica:
Partito politico:

Sommario

Note biografiche

Michelangelo Dall’Armellina nacque a Bozzolo, in provincia di Mantova, il 17 luglio del 1920 da Michele e Angela Dal Santo. Fin dalla giovinezza fu un attivo membro dell’Azione cattolica e, vista la sua dedizione e l’impegno profuso nelle attività associative, col tempo arrivò ad assumere anche incarichi di responsabilità in ambito diocesano. Dopo essersi trasferito con la famiglia a Noventa Vicentina, venne ammesso al collegio vescovile Gregorio Barbarigo di Padova e, ottenuto il diploma, si iscrisse alla Facoltà di lettere moderne dell’ateneo patavino. Per contribuire alle finanze familiari, durante il percorso universitario, fece richiesta per essere assunto come professore di lettere alla scuola media di Noventa Vicentina e, successivamente, al liceo classico Antonio Pigafetta di Vicenza. Fu proprio durante questo periodo che decise di aderire al gruppo della Fuci di Padova fino a diventarne presidente per il biennio 1941-1942.

Nei primi mesi del 1943 venne richiamato sotto le armi per assolvere gli obblighi di leva e, dopo un breve periodo di formazione militare, gli fu assegnato il grado di ufficiale di Cavalleria. Dopo l’8 settembre, visto il generale sbandamento delle forze armate e la difficoltà a orientarsi a causa delle contraddittorie indicazioni date dagli alti comandi, decise di lasciare il proprio posto tra le fila dell’esercito per non essere costretto a cedere le armi alle truppe tedesche e fece quindi ritorno a casa. In questi giorni complicati, prima di decidere di abbandonare la caserma dove era di stanza, volle scrivere ai suoi compagni fucini per informarli dell’occupazione tedesca di alcune zone del paese: «Mi hanno appena informato che i tedeschi sono a Udine. Può darsi che ci sia dato l’ordine di resistere o di disperderci […]. Non disperdetevi di pregi: non lasciatevi vincere dal dolore. Voi della Fuci mi avete insegnato che quanto maggiore è la sofferenza nella vita nostra, quanto più essa ha valore. Ed il patire è nei disegni del Padre, il nostro amico per renderci meritevoli e prepararci alla gioia. La Fuci nostra deve continuare a vivere anche nel futuro angosciato che attende la patria».

Giunto a Vicenza, dopo aver ripreso la sua attività di docente al liceo Pigafetta, decise di intessere contatti con un gruppo che assicurava supporto ai militari fuggiaschi e ai renitenti alla leva e avanzò la propria disponibilità a farne parte. Inseritosi in questo sodalizio, che si opponeva all’occupazione nazifascista, ben presto la sua attività destò il sospetto degli apparati di controllo della Repubblica sociale e il 23 novembre del 1943 venne fermato e posto in stato di arresto perché accusato di essere uno dei responsabili di una rete clandestina volta a fornire aiuto a ebrei e ricercati. Condotto nei locali della questura di Padova, dovette subire pesanti interrogatori volti a indurlo a confessare il suo coinvolgimento diretto e a rivelare i nomi dei suoi collaboratori. Trinceratosi per lunghe settimane dietro un ostinato silenzio, venne infine liberato solo il 3 gennaio dell’anno successivo perché le prove contro di lui risultarono del tutto insufficienti e le indagini non avevano permesso di scoprire alcunché.

Vista la sua posizione particolarmente compromessa, dopo essere uscito dal carcere D. decise di presentarsi al comando tedesco per poter essere assunto nella Todt, organizzazione paramilitare al servizio degli occupanti che aveva lo scopo di assicurare manodopera per la costruzione di opere difensive per le armate naziste, al fine di ottenere una valida copertura istituzionale alla sua attività clandestina svolta in favore della Resistenza. Venne dunque inserito tra gli operai dell’ente tedesco e mandato a lavorare nella zona di Recoaro dove, dopo poco tempo, cominciò a tessere stretti rapporti con la banda partigiana «Tordo Valdagno» guidata da Gino Soldà «Paolo» per dare supporto alla rete che permetteva l’apertura di piste sicure per condurre gruppi di ebrei in Svizzera. Nell’estate del 1944, riconosciuto il suo costante impegno nel movimento resistenziale, fu nominato comandante di un battaglione della brigata partigiana «Luigi Pierobon», operante principalmente nella zona tra Padova e Vicenza. Nello stesso periodo, inoltre, diede il proprio contributo alla redazione e alla distribuzione del giornale clandestino «Il Momento», organo della Dc vicentina, fondato su iniziativa di Torquato Fraccon, che si avvaleva della collaborazione di diversi fucini a lui vicini tra cui il futuro presidente del Consiglio Mariano Rumor.

Nel dopoguerra D. si impegnò attivamente in ambito civile e sociale. Dopo aver dato un fondamentale impulso alla fondazione delle Acli vicentine – di cui assunse la presidenza dal 1958 al 1966 –, ricoprì l’incarico di consigliere provinciale per la Democrazia cristiana, quindi dal 1951 al 1963 venne designato nel ruolo di assessore provinciale alla pubblica istruzione e, successivamente, divenne sindaco di Recoaro Terme. Questo attivismo in ambito provinciale e regionale sfociò nella sua elezione al parlamento come deputato della Dc, carica che mantenne per tre legislature, dal 1963 al 1976, facendo anche parte del direttivo del gruppo parlamentare del partito. Dopo una lunga malattia, D. morì a Vicenza il 15 febbraio del 1992.

Fonti e bibliografia

  • Archivio storico della Biblioteca civica Bertoliana di Vicenza, Archivi politici vicentini, deposito Dall’Armellina.
  • Pierantonio Gios, Azione cattolica e Resistenza nel vicentino, Pliniana, Vicenza 2012, pp. 95-116.

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