Pecorari Fausto

Fausto Pecorari
Immagine: Ivespri.com
Nome: Fausto
Cognome: Pecorari
Luogo di nascita: Trieste
Provincia/stato: Austria-Ungheria
Data di nascita: 18/12/1902
Luogo di morte: Trieste
Data di morte: 27/10/1966
Ramo di Azione cattolica:
Partito politico:

Sommario

Note biografiche

Fausto Pecorari nacque il 18 dicembre 1902 a Trieste, allora compresa nell’impero austro-ungarico, da Domenico, originario di San Lorenzo Isontino (Gorizia), e Caterina Seiblecker, istriana di Pirano. Frequentò le elementari in lingua tedesca e poi le scuole reali, assimilabili all’istituto tecnico dell’ordinamento italiano. Dopo aver sostenuto l’esame integrativo di latino, s’iscrisse alla Facoltà di Medicina dell’Università di Padova, laureandosi a pieni voti. Si abilitò all’esercizio della professione a Pavia e nel 1927, durante il servizio militare a Firenze, ottenne il diploma di ufficiale sanitario, venendo congedato col grado di sottotenente. Nel 1928-29 frequentò l’Istituto Pasteur di Parigi e nel 1929 fu, sempre per motivi di studio, a Londra, dove conobbe don Luigi Sturzo in esilio; nel 1931 si specializzò in Radiologia all’Università di Bologna.

Nel frattempo, il 5 gennaio 1930, aveva sposato Anna Versolatti, figlia di un caro amico del padre, anch’egli originario di San Lorenzo Isontino e abitante nel medesimo condominio a Trieste. Dal matrimonio, tra il 1932 e il 1953, nacquero nove figli.

Durante la II Guerra mondiale prestò servizio come capitano medico a Castelnuovo d’Istria, poi a Erpelle sul Carso triestino, quindi – dopo una licenza per la nascita del quarto figlio – in Slovenia e infine a Buccari, nei pressi di Fiume, tornando a Trieste dopo l’8 settembre 1943.

Aveva militato nell’Azione cattolica fin da ragazzo, aderendo nel 1919 alla neocostituita Società della gioventù cattolica nella parrocchia di Sant’Antonio Taumaturgo. Suo fratello Attilio fu il primo presidente della Fuci diocesana, nella quale militò anch’egli, per passare poi al Movimento Laureati, di cui fu delegato diocesano nel 1934-35, prima d’essere nominato presidente diocesano dell’Unione Uomini. Fu anche presidente dell’Azione cattolica della parrocchia di Sant’Antonio Taumaturgo.

Iniziò a lavorare come medico radiologo agli Ospedali Riuniti di Trieste, divenendo viceprimario e poi, alla morte del prof. Massimiliano Gortan, primario incaricato, tornando alla funzione di aiuto perché non gradito politicamente.

Entrò nella Resistenza nel 1944, avvicinato dal presidente del Cln don Edoardo Marzari, che conosceva dal Movimento Laureati. Dal 13 giugno 1944 rivestì la carica di tesoriere del Comitato di liberazione nazionale di Trieste e dell’Istria, ma fu presto tradito da una delazione. Fu arrestato infatti già il 24 agosto e l’8 settembre 1944 partì su un carro bestiame per il campo di concentramento di Buchenwald, dove giunse quattro giorni più tardi, registrato con la matricola 22854 e assegnato al blocco 26. Dopo un primo tempo in cui lavorò alla pulizia dei mattoni, grazie alla perfetta conoscenza del tedesco e riconosciuto medico, fu impiegato nell’infermeria del campo.

Partecipò, in qualità di tesoriere, al Comitato nazionale di solidarietà interno al campo, costituito clandestinamente nell’ottobre 1944 e coordinato dal comunista triestino Ferdinando Zidar, in seguito consigliere comunale e poi corrispondente da Praga per «L’Unità». Il Comitato fu inquadrato in una Brigata latina, con prigionieri francesi, belgi e spagnoli, che contribuì alla sollevazione del campo l’11 aprile 1945, due giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate. Rientrò a Trieste il 29 giugno 1945.

Il 5 agosto successivo fu ricevuto al Quirinale da Umberto di Savoia, luogotenente del Regno, al quale raccontò della sorte della principessa Mafalda, deceduta a Buchenwald il 29 agosto 1944, stendendo una relazione relativa anche al luogo di sepoltura. Il medico triestino aveva raccolto testimonianze sulla principessa da padre Josef Tyl, religioso cecoslovacco anch’egli deportato e in seguito prigioniero del regime comunista del suo paese. Insieme con il sacerdote moravo, P. aveva organizzato clandestinamente il servizio religioso nel campo, tenendo in custodia le ostie consacrate.

Al ritorno a Trieste fu nominato direttore degli Ospedali Riuniti, finché nel 1950, in polemica con le autorità alleate d’occupazione, si dimise per aprire uno studio privato di radiologia, il primo nel Triveneto dotato di apparecchio a ultrasuoni.

Nel settembre 1945 fu designato dalla Democrazia cristiana di Trieste come membro della Consulta nazionale, venendo poi candidato ed eletto all’Assemblea costituente nel collegio unico nazionale; fu eletto vicepresidente. Promosse l’inserimento nel testo costituzionale (art. 116) della «Regione giulio-friulana e Zara» a statuto speciale, chiamata poi Friuli-Venezia Giulia su proposta del deputato udinese Tiziano Tessitori. Fondò e fu primo presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, promuovendo l’apertura del Villaggio giuliano-dalmata di Roma.

Duramente contrario alla ratifica del Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, non fu ricandidato alle elezioni del 1948, venendogli preferito Giovanni Tanasco, già candidato popolare nel 1924, membro del primo Cln e a sua volta deportato a Dachau. P. fu in seguito segretario cittadino della Democrazia cristiana di Trieste, consigliere comunale e assessore all’Igiene e Sanità (1958-1962).

Grande appassionato di nautica, oltre a varie crociere nel Mediterraneo compiute negli anni, nel 1958 fece sulla sua barca a vela, insieme alla famiglia, il periplo d’Italia da Trieste a Genova, venendo ricevuto in udienza a Roma da papa Pio XII.

Morì per un tumore il 27 ottobre 1966.

Fonti e bibliografia

  • Ciro Manganaro, Fausto Pecorari. La vita, l’azione e il momento politico, Riva, Trieste 1977.
  • Corrado Belci, Gli uomini di De Gasperi a Trieste, Morcelliana, Brescia 1998.
  • Vanna Pecorari Marson (a cura di), Dott. Fausto Pecorari. Ricordi e testimonianze a cent’anni dalla nascita, Villaggio del Fanciullo, Trieste 2002.

Hanno fatto parte di Unione uomini di Azione cattolica anche:

ISACEM – Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI
Via Aurelia, 481 – 00165 Roma. Tel. 06.66 27 925 – 06.66 132 443 – info@isacem.it

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