Prinetti Castelletti Giannantonio

Giannantonio Prinetti
Immagine: Gruppo delle medaglie d'oro al vm
Nome: Giannantonio
Cognome: Prinetti Castelletti
Nome di battaglia: Capitano Gino
Luogo di nascita: Milano
Data di nascita: 13/11/1921
Luogo di morte: Colli di Valduggia
Provincia/Stato morte: Vercelli
Data di morte: 09/08/1944
Ramo di Azione cattolica:

Sommario

Note biografiche

Giannantonio Prinetti Castelletti nacque a Milano il 13 novembre del 1921 in una nobile famiglia lombarda originaria di Pessano con Bornago. Durante gli anni della sua giovinezza, trascorsi nel capoluogo lombardo, attese agli studi ginnasiali e a quelli liceali per poi proseguire, dopo aver conseguito il diploma, negli studi umanistici all’Università degli studi di Milano. Fu durante gli anni accademici che, dopo essersi avvicinato agli ambienti dell’Azione cattolica ed essere stato socio della Giac, si iscrisse e prese parte alle attività del circolo Fuci presente nell’ateneo.

Richiamato sotto le armi per assolvere gli obblighi di leva, nel 1940 lasciò gli studi per entrare nella Regia accademia di artiglieria e genio di Torino da cui, superato il periodo di formazione biennale, uscì con il grado di sottotenente e si vide assegnato al 18° reggimento Pinerolo. Dopo un corso di approfondimento di tecnica militare svolto presso la scuola d’artiglieria di Nettuno, fu spedito in Grecia per raggiungere il proprio reggimento mobilitato. Nel corso del periodo trascorso al fronte si distinse per capacità di comando e di coordinamento, tanto da meritarsi una medaglia d’argento al valor militare per i meriti acquisiti sul campo. Dopo un anno trascorso in questa occupazione, rientrò in patria nel maggio del 1943 e venne designato per il servizio al deposito del reggimento.

Fu in questa nuova destinazione che P. ricevette la notizia della caduta del regime fascista e, successivamente, ascoltò il proclama di Badoglio dell’8 settembre 1943 con cui venne sancita ufficialmente l’entrata in vigore dell’armistizio di Cassibile e la fine delle ostilità con le forze angloamericane. Proclamatosi fin da subito fedele alla monarchia e al giuramento fatto al re, egli chiese un periodo di licenza per non essere costretto a vedere gli uomini del suo reggimento arrendersi davanti all’intimazione tedesca di cedere le armi e lasciare le posizioni e, soprattutto, per non essere internato in Germania o costretto a servire nella Wehrmacht. Dopo un breve soggiorno presso la sua abitazione a Milano, preoccupato di essere raggiunto dai bandi di reclutamento in quanto ufficiale, decise di trovare rifugio in Svizzera.

Nei mesi trascorsi in territorio elvetico, però, ebbe modo di vedere la nascita della Rsi guidata da Mussolini e di valutare la durezza dell’occupazione nazista. Espressa con nettezza la volontà di dare un deciso contributo alla lotta di liberazione nazionale ed espressa a più riprese l’insofferenza all’impossibilità di rendersi utile per la patria, decise di rientrare in Italia agli inizi del 1944 per tentare di raggiungere la brigata partigiana guidata da Enrico Martini «Mauri», con il quale aveva da qualche tempo preso contatti. Giunto nei pressi della Valsesia, però, fu costretto a fermarsi perché era in corso una vasta opera di rastrellamento da parte delle forze nazifasciste e, vista l’impossibilità di portare a termine il suo piano, decise di inserirsi tra le fila della brigata Osella, comandata da Vincenzo Moscatelli «Cino», che operava nella valle e nel novarese.

Assunto il nome di battaglia di «Capitano Gino», P. fu subito riconosciuto come organizzatore carismatico e particolarmente esperto nella pratica militare e queste sue capacità, affinate negli anni di servizio nell’esercito, gli valsero la qualifica di comandante di distaccamento e, successivamente, quella di vicecomandante di brigata. Distintosi fin da subito durante alcune operazioni di sabotaggio e in diverse azioni armate volte a colpire piccoli contingenti di truppe nemiche, gli venne affidato il comando della brigata Garibaldi «Volante Loss».

Il 9 agosto del 1944, mentre il vercellese era fatto oggetto di una operazione di rastrellamento da parte dei militi nazifascisti che cercavano di individuare la cellula partigiana attiva nella zona, P. si offrì di mettere insieme una piccola squadra per coordinare una rischiosa azione diversiva contro un reparto tedesco che stava tenendo sotto pressione un avamposto della brigata situato in località Colli di Valduggia. Ingaggiata battaglia con la retroguardia nemica, lo sparuto gruppo al suo comando venne fatto oggetto di fuoco incrociato da parte dei soldati tedeschi che, in poco tempo, riuscirono a colpire mortalmente tutti i compagni di P. Rifiutandosi di dichiarare la propria resa, il giovane preferì continuare a sparare dalla sua postazione fino a quando, terminate le munizioni e costretto all’inazione, non venne raggiunto da una scarica di mitraglia che lo lasciò esanime a terra.

Quando, ritiratisi i nazifascisti, i partigiani poterono recuperare i corpi dei loro compagni, «Cino» Moscatelli ordinò di cucire lo stemma dei Savoia sulla bandiera destinata a coprire il suo feretro.

Al termine della guerra, in ricordo del sacrificio di P., venne concessa la medaglia d’oro al valor militare con la qualifica di tenente in servizio permanente effettivo di artiglieria e partigiano combattente con la seguente motivazione: «Ufficiale dell’Esercito, internato in un paese neutrale, riusciva a rientrare in Italia per partecipare alla lotta di liberazione alle cui altissime finalità era sospinto dall’ardente amore di Patria che lo animava. Fu dapprima valoroso partigiano combattente, poscia capace vicecomandante di Brigata d’assalto, dimostrando sempre e dovunque il complesso delle belle virtù militari che fu suo nobile patrimonio. Durante un’azione nemica, volontariamente si offriva per sostenere con pochi uomini l’urto nemico allo scopo di dare possibilità di ripiegamento alla sua Brigata, salvandola con il proprio sacrificio da sicuro accerchiamento. Benché ridotto agli estremi di ogni umana resistenza, caduti tutti i compagni che gli erano vicino, rifiutava sdegnosamente l’offerta di resa e, col petto squarciato dalla mitraglia nemica, valorosamente offriva la vita in olocausto alla legge dell’onore e del dovere. Colli di Valduggia, 9 agosto 1944».

Onorificenze

Ufficiale dell’Esercito, internato in un paese neutrale, riusciva a rientrare in Italia per partecipare alla lotta di liberazione alle cui altissime finalità era sospinto dall’ardente amore di Patria che lo animava. Fu dapprima valoroso partigiano combattente, poscia capace vicecomandante di Brigata d’assalto, dimostrando sempre e dovunque il complesso delle belle virtù militari che fu suo nobile patrimonio. Durante un’azione nemica, volontariamente si offriva per sostenere con pochi uomini l’urto nemico allo scopo di dare possibilità di ripiegamento alla sua Brigata, salvandola con il proprio sacrificio da sicuro accerchiamento. Benché ridotto agli estremi di ogni umana resistenza, caduti tutti i compagni che gli erano vicino, rifiutava sdegnosamente l’offerta di resa e, col petto squarciato dalla mitraglia nemica, valorosamente offriva la vita in olocausto alla legge dell’onore e del dovere. Colli di Valduggia, 9 agosto 1944.

Fonti e bibliografia

  • Isacem, Righini, b. 26, fasc. 4; Giac, b. 771, fasc. Elenco caduti della Giac in combattimento.
  • Gino Prinetti Castelletti, tenente in SPE, capitano di formazione partigiana, Ariel, Milano 1984.
  • Un soldato d’Italia. Capitano Gino Prinetti Castelletti, Nodolibri, Como 2015.

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