Quattrin Aldina

Aldina Quattrin
Immagine: Archivio famiglia Quattrin
Nome: Aldina
Cognome: Quattrin
Luogo di nascita: Vicenza
Data di nascita: 02/06/1913
Luogo di morte: Roma
Data di morte: 03/11/1972
Ramo di Azione cattolica:
Partito politico:

Sommario

Note biografiche

Aldina Quattrin nacque a Vicenza il 2 giugno del 1913 da una famiglia di artigiani di modeste condizioni economiche. Cresciuta in un ambiente fortemente influenzato dall’impronta socialista e laica impressa nell’educazione dei figli da parte del padre, non le fu comunque impedito di assorbire la convinta formazione cattolica trasmessale dalla madre. Trascorsi gli anni dell’infanzia nella città natale, la famiglia fu costretta a trasferirsi a Genova a causa dello sfollamento subito durante la Prima guerra mondiale. Tornata a Vicenza alla fine del conflitto, decise di lasciare la scuola per poter contribuire alle finanze familiari e decise di seguire i propri genitori nelle loro occupazioni.

Nel 1921, compiuti diciotto anni, decise di riprendere gli studi e da autodidatta recuperò i due anni persi e riuscì a conseguire il diploma magistrale. Iscrittasi alla Facoltà di Lingue dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, contestualmente riuscì a trovare un posto da insegnante per pagarsi gli studi. Fu durante questi anni che fu attiva nella Fuci e nella Conferenza di San Vincenzo vicentina. Trascorso un periodo a Parigi per perfezionare il proprio francese, discusse la tesi di laurea nel febbraio del 1943.

Nel periodo successivo alla ratifica dell’armistizio dell’8 settembre, prese immediati contatti con il movimento resistenziale che andava costituendosi nel Veneto e si offrì di dare il proprio contributo in supporto alle bande partigiane. In questo senso, infatti, la giovane si inserì tra le maglie della rete di soccorso dei ricercati e diede un importante apporto all’opera di salvataggio degli ebrei, degli ex prigionieri e dei renitenti alla leva. Mantenuto il proprio posto di insegnante di lingue straniere alla scuola Palladio di Vicenza, dopo essersi vista rinnovata la cattedra, dovette subire lo spostamento deciso dal provveditore agli studi che le assegnò un posto a Schio. Pur avendo vissuto il trasferimento come una profonda ingiustizia, nella nuova destinazione ebbe la possibilità di dare un maggior apporto alla causa partigiana, soprattutto grazie alla libertà dovuta alla minore presenza di pattuglie nazifasciste. Nella sua testimonianza, infatti, fu proprio in questo periodo che la sua attività clandestina ebbe un impulso decisivo, attraverso «la divulgazione di scritti, volantini, manifesti, che prelevavo, sotto la guida di Padre Luciano, cappuccino del campanile del Cimitero di Vicenza». Molto utile, inoltre, si rivelò la sua opera per le comunicazioni con soldati stranieri: «Approfittando poi della mia conoscenza delle lingue, tenni rapporti con soldati ed ufficiali inglesi e francesi nascosti presso i nostri contadini o in convento. Ottimo rifugio l’asilo infantile di Schio […], in questo luogo io avevo il compito di convogliare medicinali e bende, […] e quando era possibile anche armi».

Entrata nel frattempo nel comitato femminile della Dc, Q. provvide ad organizzare e coordinare l’assistenza nelle carceri di Vicenza e, soprattutto, a procurare ai partigiani in montagna falsi documenti, permessi di circolazione rilasciati dalle autorità tedesche, carte annonarie e tesserini di riconoscimento. A questo scopo, infatti, i locali del municipio di Noventa divennero «segretamente la fucina di carte false, di cui godettero anche centinaia di ebrei sparsi nelle campagne circostanti». Nel febbraio del 1945, la sua febbrile attività fu posta sotto osservazione dagli apparati di controllo del regime fascista e i suoi spostamenti vennero sempre maggiormente controllati. Per evitare di essere raggiunta e posta in stato di arresto, decise di spostarsi a Montecchio Maggiore e di rimanere per i successivi due mesi nascosta presso l’abitazione di conoscenti. Ai primi di aprile, vedendo avvicinarsi sempre di più il momento dell’insurrezione generale, Q. tornò a operare per procurare armi alle bande e per trasmettere gli ordini da un comando all’altro.

Nel dopoguerra, vista l’esperienza maturata nella Resistenza, decise di dedicarsi attivamente alla politica. Incaricata cittadina del movimento femminile della Dc, fu anche designata come rappresentante nella consulta femminile provinciale presso la Camera del lavoro del sindacato unitario. Presa in mano l’organizzazione del Cif, decise di iscriversi anche all’Udi, meritandosi per questo la disapprovazione degli ambienti cattolici cittadini e, soprattutto, del vescovo Carlo Zinato. Proprio a causa di questa scelta il suo nome venne accantonato dalla propaganda Dc e, pur candidata per la Costituente in un seggio in cui era considerata favorita, risultò la prima dei non eletti. Amareggiata dalla decisione del partito, decise di trasferirsi a Roma dove ricominciò a lavorare come insegnante e assistente sociale, continuando ad impegnarsi nel Cif e nell’Udi. Nel 1950 convolò a nozze con Luigi Rossi. Il 3 novembre del 1972 morì dopo una improvvisa e breve malattia.

Fonti e bibliografia

  • Aldina Quattrin, Azione femminile, in «Il Popolo», 27 maggio 1946.
  • Benito Gramola, Le donne e la Resistenza. Interviste a staffette e a partigiane vicentine, La Serenissima, Vicenza 1995, pp. 150-151.
  • Luisa Bellina, Maria Teresa Sega, Tra la città di Dio e la città dell’uomo. Donne cattoliche nella Resistenza Veneta, Iveser-Istresco, Venezia-Treviso 2004, pp. 375-379.

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