Umberto Lucentini nacque a Tolentino, in provincia di Macerata, il 9 agosto del 1922. Nel paese natale attese agli studi elementari ma, per sostenere la famiglia che era dedita alla cura dei terreni di proprietà, decise di interrompere il percorso scolastico per aiutare il padre nel lavoro nei campi. Durante questo periodo fu iscritto e prese parte alle attività del circolo Giac «San Francesco» attivo presso la basilica di San Nicola. Fu in questo momento che conobbe diversi compagni che condivisero con lui l’esperienza resistenziale come Audio Carassai, Luigi Ciarapica e Nicola Peramezza.
Nel 1942 fu richiamato in anticipo sotto le armi per assolvere agli obblighi di leva. Dopo un breve periodo di formazione militare fu inserito tra le fila di una divisione di fanteria del Regio esercito. Fu in questo contesto che L. assistette alla caduta del regime fascista e, successivamente, alla ratifica dell’armistizio che poneva ufficialmente fine alle ostilità con gli angloamericani già presenti in forze nel sud Italia. Visto lo sbandamento del suo reparto e temendo di essere deportato in Germania, il giovane decise di lasciare il proprio posto e di raggiungere la famiglia a Tolentino, tornando nella propria occupazione nei campi. Dopo qualche tempo, constatata la durezza dell’occupazione nazista e la nascita della Repubblica sociale italiana guidata da Mussolini, L. decise di intessere i primi contatti con il movimento resistenziale che andava costituendosi nella zona del maceratese, pur rimanendo nell’incertezza della scelta da compiere. Solo i bandi di leva emanati da Graziani per la sua classe di leva lo indussero a compiere il passo decisivo e a entrare, il 1° marzo del 1944, nel battaglione Nicolò della brigata Garibaldi Spartaco che, al comando di Achille Barilatti, operava principalmente nel territorio del comune di Montalto di Cessapalombo, potendo contare sul supporto della popolazione locale. Si trattava di una banda formata da giovani nati e cresciuti nella zona, tra i quali spiccava una folta pattuglia di soci della Giac di Tolentino, spinti dal desiderio di non servire il nuovo governo fascista. La formazione, pur potendo contare su un numero non esiguo di effettivi, fu per lungo tempo limitata nelle sue attività dalla endemica penuria di armi e munizioni che, col tempo, indusse i comandanti a scegliere un profilo di resistenza per sabotaggi piuttosto che di guerriglia armata. Fu proprio in questa tipologia di operazioni che L. si distinse per l’audacia e per la capacità di organizzazione e coordinamento.
Il suo impegno nel movimento di liberazione nazionale, però, non durò a lungo visto che venti giorni dopo, durante una vastissima operazione di rastrellamento condotta dal 1° battaglione M Camicie Nere «IX Settembre» volta a liberare le province meridionali delle Marche dalle residue sacche di Resistenza attive e a piegare la collaborazione delle popolazioni locali ai partigiani, L. venne riconosciuto, catturato e immediatamente fucilato sul posto. Stessa sorte toccò ad altri trentuno partigiani e a due civili in quello che nel dopoguerra divenne tristemente noto come «eccidio di Montalto».