Nato a Gubbio, in provincia di Perugia, il 7 novembre 1901 in una famiglia di modeste condizioni economiche, entrò nel circolo della Gioventù italiana di Azione cattolica «Silvio Pellico», fondato da don Bosone Rossi, di cui divenne anche presidente, per poi ricoprire nel 1920 la stessa carica nella Federazione giovanile diocesana, divenendo quindi delegato regionale e rimanendovi fino al 1926. In questa veste, pubblicò sul «Rinnovamento», foglio di collegamento regionale umbro della Società della Gioventù cattolica italiana, l’articolo Noi e il fascismo, che scatenò un’accesa polemica con la stampa fascista. L’atteggiamento di avversione nei confronti del totalitarismo si manifestò, infatti, fin da giovanissimo, quando nel 1919 chiese di iscriversi al Partito popolare italiano, che non poté accogliere la domanda in quanto non aveva ancora raggiunto la maggiore età, all’epoca fissata in ventuno anni. S. scrisse allora direttamente a don Sturzo, il quale riconobbe l’istanza. Quando tuttavia il partito nel 1922 entrò nel governo Mussolini, S. ricusò la tessera, tornando a iscriversi solamente dopo il congresso di Torino del 1923, che determinò l’uscita popolare dall’esecutivo. Nel 1924, per aver sottoscritto un manifesto contro l’aggressione dell’assistente ecclesiastico diocesano don Origene Rogari, il quale aveva protestato per un veglione di beneficienza, organizzato in quaresima, a favore dell’orfanatrofio «Mosca», fu bastonato. Dopo l’irruzione dello squadrismo fascista alla sede del circolo «Silvio Pellico» sempre nel 1924, in qualità di maestro elementare scrisse il volume L’insegnamento religioso con la prefazione di Giovanni Battista Nasalli Rocca, già vescovo a Gubbio, nel quale evidenziava la necessità della materia nello sviluppo umano e civile della persona, che rappresentava una critica indiretta alla strumentalizzazione operata dal regime per ottenere il consenso del mondo cattolico. Il libro, con la scusa della mancata iscrizione al Partito nazionale fascista, gli costò la perdita dell’insegnamento. S. si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza, conseguendo la laurea ed esercitando l’avvocatura. In seguito agli accordi tra la Santa Sede e il governo fascista del settembre 1931, che vietavano ruoli di responsabilità agli ex popolari, dopo il precedente conflitto che aveva portato alla chiusura dei circoli giovanili dell’Azione cattolica, fu costretto a lasciare ogni incarico, mantenendo comunque rapporti personali con gli esponenti del mondo cattolico, tra i quali Venanzio Gabriotti, ultimo segretario del Ppi della provincia di Perugia. Dal 1936 al 1939 fu presidente della Giunta di Ac di Gubbio, e poi, dopo la sospensione della responsabilità laicale, presidente dell’Unione uomini diocesana. Ancora prima della caduta del fascismo, fu in contatto con Alcide De Gasperi, Giuseppe Spataro e Mario Cingolani, divenendo l’elemento di coordinamento della nascente Democrazia cristiana in Umbria. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, S. avviò contatti con gli esponenti delle altre forze politiche, procedette all’organizzazione del partito nella regione, appoggiò la brigata San Faustino-Proletaria d’Urto, che ebbe inizialmente una matrice badogliana, provvedendo al recupero di viveri e al reperimento di armi. Arrestato nella notte del 13 gennaio 1944, proprio quando fu designato membro del Comitato di liberazione nazionale provinciale, in rappresentanza della Dc, con l’accusa di costituzione di banda armata, sorte che toccò anche al figlio Luigi dopo la confessione di uno tra i caduti nella retata, fu liberato a giugno nell’imminenza dell’arrivo delle truppe alleate. S., dopo l’uccisione per rappresaglia di quaranta civili a Gubbio, fu costretto a riparare in montagna, da dove rientrò alla liberazione della città. Nominato sindaco di Gubbio il 1° agosto 1944 dal governo militare alleato, rimase in carica fino alla primavera dell’anno seguente, quando rassegnò le dimissioni per problemi familiari. Nel 1946, sostenne convintamente e strenuamente la campagna repubblicana. Entrò per la Dc anche nel Consiglio comunale di Gubbio, dove fu confermato per altri due mandati ma, pur essendo segretario provinciale del partito, non riuscì eletto alla Costituente né alle tornate per il Senato del 1953 e del 1958. Fu attivo anche nel sindacato prima nella Libera Confederazione generale italiana del lavoro (Lcgil) e poi nella Confederazione italiana sindacati lavoratori (Cisl). Per la partecipazione alla guerra di Liberazione, fu eletto presidente del Consiglio federativo della Resistenza nella provincia di Perugia. Morì a Gubbio il 15 maggio 1989.
Salciarini Gaetano
Nome: Gaetano
Cognome: Salciarini
Luogo di nascita: Gubbio
Provincia/stato: Perugia
Data di nascita: 07/11/1901
Luogo di morte: Gubbio
Provincia/Stato morte: Perugia
Data di morte: 15/05/1989
Ramo di Azione cattolica:
Partito politico:
Sommario
Note biografiche
Fonti e bibliografia
- Gaetano Salciarini, La fine del popolarismo in Umbria, in A. Monticone (a cura di), Cattolici e fascisti in Umbria (1922-1945), il Mulino, Bologna 1978, pp. 434-437.
- Giancarlo Pellegrini, Dal circolo «Silvio Pellico» al Movimento Studenti Eugubino, in L’Azione cattolica in Umbria. Tra primo dopoguerra e Concilio Vaticano II, Ave, Roma 2001, pp. 121-160.