Giannino Bosi nacque il 22 febbraio del 1920 a Piacenza. Durante gli anni giovanili, trascorsi nella città natale, ebbe modo di attendere agli studi medi e superiori e, nel corso del tempo, divenne socio della Giac. Terminato il liceo e ottenuto il diploma, si iscrisse alla facoltà di Economia e commercio dell’Università Cattolica del sacro cuore di Milano. Durante il periodo trascorso nel capoluogo lombardo, inoltre, prese parte alle attività del circolo della Fuci attivo nell’ateneo.
L’8 agosto del 1942 dovette interrompere gli studi per rispondere alla chiamata sotto le armi per assolvere agli obblighi di leva. Assegnato al III battaglione di istruzione divisionale presso Como, venne promosso sergente allievo ufficiale nel dicembre successivo. Nel gennaio del 1943 fece domanda per essere ammesso al corso allievi ufficiali di complemento di fanteria nella scuola di Avellino e, ottenuto il grado di sottotenente, il 1° settembre dello stesso anno si vide assegnato al I reggimento fanteria della brigata Re.
Fu al comando del suo reparto che venne raggiunto dalla notizia della caduta del regime fascista e, successivamente, da quella della ratifica dell’armistizio di Cassibile. Dovendo constatare l’ambiguità delle direttive provenienti dai comandi militari italiani, in particolar modo per quanto riguardava il delicato nodo circa l’atteggiamento da tenere davanti all’ex alleato germanico, B. decise di lasciare il reparto per entrare tra le fila del movimento resistenziale. Presi contatti con i responsabili delle prime formazioni partigiane che si formarono nel friulano, a metà settembre decise di unirsi al battaglione Garibaldi, operante nella zona di Montefosca, che era comandato da Mario Modotti «Tribuno» e poteva già contare su circa centoventi effettivi.
Assunto il nome di battaglia di «Battisti», B. si fece subito notare per la preparazione militare e per le capacità di organizzazione e coordinamento. Visto il forte ascendente che in breve tempo riuscì ad assicurarsi sui compagni, nell’autunno del 1944 venne designato come comandante della nuova brigata Garibaldi «Tagliamento», che doveva operare nella zona compresa tra i due fiumi Tagliamento e Meduna. Tra le prime problematiche che B. dovette affrontare, visto il sempre maggior afflusso di uomini dovuto al moltiplicarsi del numero dei renitenti ai diversi bandi di reclutamento della Rsi, ci fu l’endemica penuria di armi e munizioni, oltre che, ovviamente, la formazione di effettivi che venivano aggregati al suo gruppo pur non avendo alcuna esperienza militare pregressa.
Da questa esigenza, probabilmente, provenne la volontà di fondare e dirigere un giornale clandestino che avesse come obiettivo quello di diffondere tra partigiani e popolazione civile le notizie relative all’attività e all’organizzazione dei reparti e, soprattutto, novità circa il generale andamento della guerra di liberazione. Sotto la sua supervisione nacque così, l’11 settembre del 1944, il «Bollettino della Brigata Garibaldi Tagliamento» che già dal primo numero poneva come attestazione il motto della formazione: «Morte al fascismo! Libertà ai popoli!». Una certa dose di umorismo contraddistinse questo foglio che, a più riprese, vide la collaborazione di giovani che componevano articoli per canzonare scherzosamente il comandante di battaglione. Tra i diversi esempi si può citare il breve scritto che, ponendo tra i «problemi partigiani» di maggior rilievo la discutibile eleganza dei responsabili delle formazioni, scherniva il modo di portare la camicia del «Comandante Battisti» che lasciava tutti decisamente «pensierosi». In altro numero venne inserita, all’interno della rubrica «Pinacoteca garibaldina», una vignetta su «il Comp. Baaatt…isti: la parola che s’inceppa», con chiaro riferimento alla balbuzie del comandante stesso.
Nel corso dei primi giorni di dicembre del 1944, la zona in cui operava la brigata di B. venne sottoposta a una vastissima opera di rastrellamento da parte delle truppe nazifasciste e, in particolare, dal battaglione Valanga della X Mas. Nei dintorni di Tramonti di Sotto, piccolo comune in provincia di Pordenone, il gruppo di «Battisti» venne impegnato in un duro combattimento dai militi repubblichini che, vista la netta superiorità numerica e di equipaggiamento, decisero di stringere in assedio la formazione partigiana, la quale, dopo aver resistito per diverse ore, terminò le munizioni e fu costretta a interrompere il combattimento. In questa situazione B., dopo aver rifiutato di consegnare le armi al nemico e arrendersi ai nazifascisti, preferì continuare in un effimero scontro a fuoco fino a quando, individuato dal nemico, venne colpito da una raffica di mitragliatrice. La medesima scelta venne effettuata dalla compagna del giovane, la staffetta partigiana Jole De Cillia «Paola», che nel dopoguerra venne decorata con la medaglia d’argento al valor militare alla memoria.
Al termine della guerra la salma di B. venne traslata dal cimitero di Tramonti di Sotto a quello del suo paese natale. Con decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri del 9 ottobre 1946, alla memoria di B. venne concessa la medaglia d’oro al valor militare con la qualifica di sottotenente di complemento di fanteria e partigiano combattente con la seguente motivazione: «Sottotenente di complemento dell’Esercito, subito dopo l’8 settembre 1943, anelante della libertà della Patria, si ritirava sulle colline del Friuli, dove organizzò il primo nucleo di patrioti friulani. Braccato dalle truppe germaniche che in lui temevano un fiero nemico, si trasferiva con la propria formazione sulle montagne del Tagliamento e, vincendo i rigori del rigido inverno, organizzava un forte gruppo di reparti animandoli del suo stesso spirito combattivo e della sua stessa fede patriottica. Animato da un profondo spirito di sacrificio ed assertore convinto dei principi di giustizia e di libertà fu sempre di esempio a tutti, senza mai risparmiarsi, nei disagi, nelle privazioni e nei pericoli. Nel corso di poderose offensive nemiche fu l’anima della difesa, trascinando con l’esempio i suoi uomini in lotte vittoriose. Durante l’offensiva sferrata dal nemico nell’autunno del 1944 nella zona fra Meduna e Tagliamento, circondato da soverchianti forze, continuò a combattere strenuamente e, piuttosto che arrendersi e cadere vivo nelle mani dell’avversario, rivolse la propria arma contro se stesso e, dopo aver gridato per l’ultima volta “Viva l’Italia”, si uccise. 8 settembre 1943 – 8 dicembre 1944».