Vigorelli Adolfo

Immagine: Twbiblio
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Nome: Adolfo
Cognome: Vigorelli
Nome di battaglia: Fofi
Luogo di nascita: Milano
Data di nascita: 26/10/1921
Luogo di morte: Intra
Provincia/Stato morte: Verbano-Cusio-Ossola
Data di morte: 22/06/1944
Ramo di Azione cattolica:

Sommario

Note biografiche

Adolfo Vigorelli nacque a Milano il 26 ottobre del 1921 in una famiglia di agiate condizioni economiche. Il padre Ezio, infatti, era un noto avvocato attivo nel foro del capoluogo lombardo e, nel corso del periodo segnato dalla lotta di liberazione nazionale, avrebbe condiviso con i figli l’adesione al movimento resistenziale, divenendo tra l’altro un membro della Giunta provvisoria di governo della Repubblica partigiana dell’Ossola con la qualifica di consulente legale e giudice straordinario.

Dopo gli studi superiori, V. decise di seguire le orme del padre e si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano. Negli anni che trascorse nell’ateneo, inoltre, ebbe modo di prendere parte alle attività del locale circolo della Fuci.

Nel corso del dicembre del 1939 venne ammesso, come volontario, al primo corso preliminare per allievi ufficiali di complemento di fanteria. Al termine del periodo di formazione militare si vide destinato al 67° reggimento di stanza a Como, dove conseguì la promozione a sergente. Dopo aver preso parte alla scuola per allievi ufficiali del 1° centro automobilistico di Torino, infine, gli fu concesso il grado di sottotenente. Con questa qualifica venne assegnato prima al 3° centro nel marzo del 1942, successivamente al 273° autoreparto mobilitato, quindi al 35° autogruppo misto e, infine, dal 1° agosto 1943 al reparto comando dell’11° autogruppo d’armata a Milano.

Il 18 agosto del 1943, vista la ridefinizione dei reparti che colpì gran parte del Regio esercito a causa della caduta del fascismo, la sua divisione venne smobilitata e V. fu trasferito al 3° reggimento autieri. Fu in questa nuova destinazione che fu raggiunto dalla notizia dell’armistizio di Cassibile, subendo i disagi causati dalla mancanza di ordini chiari dal comando militare. Ben presto, quindi, decise di lasciare il proprio posto per non essere costretto a consegnarsi ai tedeschi ed essere deportato in Germania. Per questo motivo, dopo l’8 settembre prese immediati contatti con l’ambiente antifascista attivo a Milano e, dopo pochi giorni, si inserì tra le fila della Resistenza. Individuato dalla polizia, fu costretto a riparare in Svizzera insieme alla famiglia per evitare l’arresto.

Nei mesi trascorsi in territorio elvetico, però, ebbe modo di vedere la nascita della Rsi guidata da Mussolini e di valutare la durezza dell’occupazione nazista. Rinnovata la propria volontà di dare un contributo alla lotta di liberazione nazionale ed espressa la propria insofferenza all’impossibilità di rendersi utile per la patria, insieme a suo fratello Bruno incontrò a Lugano Dionigi Superti, comandante della divisione partigiana Valdossola e futuro protagonista della liberazione dell’Ossola, per organizzare insieme a lui il rimpatrio.

Assunto il nome di battaglia di «Fofi», nomignolo con cui erano soliti chiamarlo in casa i familiari, V. prese dunque parte ad alcune operazioni di sabotaggio delle linee di comunicazione dei reparti tedeschi presenti nella zona del Verbano e, al comando di un piccolo e selezionato gruppo, fu protagonista di rischiose azioni volte a occupare dei capisaldi da cui controllare i movimenti nemici.

Nel giugno del 1944, durante una vastissima operazione di rastrellamento condotta dalle forze nazifasciste nel Verbano, la Cannobina e la zona occidentale dell’Ossola, V. e i suoi compagni vennero raggiunti da un reparto di tedeschi mentre stavano attraversando la Valgrande. Dopo aver ingaggiato battaglia, egli riuscì a stento a sfuggire con pochi uomini all’accerchiamento ma dovette constatare la tragica morte del fratello che, nel tentativo di proteggere il fianco dei compagni in fuga, cadde in un burrone. Recuperata la salma e seppellita velocemente, V. fu costretto a ricomporre in tutta fretta il suo reparto e a guidarlo a marce forzate in una precipitosa ritirata verso l’Alpe Casarola.

Il 22 giugno, pur essendosi prodigato per distanziare i tedeschi, il gruppo fu scovato mentre cercava di rifugiarsi in una baita per tentare un’ultima, seppur effimera, resistenza. Asserragliati in questo riparo, i partigiani diedero a lungo battaglia e si difesero nell’aspro scontro a fuoco ma, ben presto, furono costretti ad arrendersi perché privi di munizioni e di armamento. Quando uscirono, però, vennero raggiunti dai tedeschi che, pur avendo accettato la loro resa, decisero di fucilarli sul posto.

Al termine del conflitto l’Università Cattolica di Milano conferì alla memoria la laurea honoris causa in Giurisprudenza. In onore del suo sacrificio venne anche decretata la medaglia d’oro al valor militare con la qualifica di sottotenente di complemento autieri e partigiano combattente con la seguente motivazione: «Giovane ufficiale di complemento, combatteva subito dopo l’armistizio in Milano. Individuato dalla polizia nazifascista riparava in Svizzera ma presto, insofferente di inazione, rientrava col fratello in Patria, in zona occupata dal nemico mentre si stava svolgendo un duro rastrellamento. Partecipava alla guerra partigiana distinguendosi in numerose e rischiose azioni per alto ardimento, sprezzo del pericolo e capacità di comando. In dieci giorni di aspra peregrinazione in zone impervie, prodigava instancabilmente il suo inesauribile entusiasmo ad animare i compagni come lui sfiniti dai combattimenti e dalle privazioni. Nel corso di un duro combattimento sostenuto in tragiche condizioni, sfuggito con pochi animosi all’accerchiamento nemico, si portava in aiuto del fratello precipitato in un burrone, e dopo averne pietosamente composto la salma, vincendo lo strazio del suo animo, riprendeva la marcia. Sorpreso dall’avversario, con i propri uomini stremati di forze e privi di munizioni, vista vana ogni ulteriore resistenza, piuttosto che arrendersi si faceva incontro al nemico affrontando da prode morte sicura. Caduto ferito, incitava i compagni alla lotta ed esalava l’ultimo respiro sotto nuovi colpi dell’avversario. Nobile esempio di ardimento e di elevato spirito patriottico. Val grande – Ossola, 22 giugno 1944».

Onorificenze

Giovane ufficiale di complemento, combatteva subito dopo l’armistizio in Milano. Individuato dalla polizia nazifascista riparava in Svizzera ma presto, insofferente di inazione, rientrava col fratello in Patria, in zona occupata dal nemico mentre si stava svolgendo un duro rastrellamento. Partecipava alla guerra partigiana distinguendosi in numerose e rischiose azioni per alto ardimento, sprezzo del pericolo e capacità di comando. In dieci giorni di aspra peregrinazione in zone impervie, prodigava instancabilmente il suo inesauribile entusiasmo ad animare i compagni come lui sfiniti dai combattimenti e dalle privazioni. Nel corso di un duro combattimento sostenuto in tragiche condizioni, sfuggito con pochi animosi all’accerchiamento nemico, si portava in aiuto del fratello precipitato in un burrone, e dopo averne pietosamente composto la salma, vincendo lo strazio del suo animo, riprendeva la marcia. Sorpreso dall’avversario, con i propri uomini stremati di forze e privi di munizioni, vista vana ogni ulteriore resistenza, piuttosto che arrendersi si faceva incontro al nemico affrontando da prode morte sicura. Caduto ferito, incitava i compagni alla lotta ed esalava l’ultimo respiro sotto nuovi colpi dell’avversario. Nobile esempio di ardimento e di elevato spirito patriottico. Val grande – Ossola, 22 giugno 1944.

Fonti e bibliografia

  • Isacem, Righini, b. 26, fasc. 4.

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