Rozzi Alfredo

Alfredo Rozzi
Immagine: Isacem, Fondo Giac
Nome: Alfredo
Cognome: Rozzi
Luogo di nascita: Parma
Data di nascita: 07/08/1920
Luogo di morte: Prenzlau
Provincia/Stato morte: Germania
Data di morte: 18/08/1945
Ramo di Azione cattolica:

Sommario

Note biografiche

Alfredo Rozzi nacque a Parma il 7 agosto del 1920. Fin da giovanissimo fu socio del circolo Giac «San Bernardo» attivo presso la cattedrale della città emiliana, guidato da don Mario Affolti. Terminato il liceo e ottenuto il diploma, decise di trasferirsi nella vicina Bologna per potersi iscrivere alla Facoltà di Lettere e filosofia. In questo periodo ebbe dunque modo di partecipare alle attività del gruppo Fuci attivo nell’ateneo, pur rimanendo in costante contatto epistolare con il suo assistente e con i compagni della Giac. Si trovava a frequentare il quarto anno universitario quando, nell’estate del 1943, si vide richiamato sotto le armi per assolvere agli obblighi di leva. Dopo aver ufficialmente fatto domanda di laurea, dunque, fu costretto a interrompere il percorso di studi per il periodo di formazione militare e venne ammesso al corso per allievi ufficiali del Regio esercito.

Fu in questo contesto che R. assistette alla caduta del regime fascista e, successivamente, si trovò a dover fare i conti con le ambiguità dei comandi militari italiani successivi all’annuncio della ratifica dell’armistizio di Cassibile. Catturato e posto in stato di arresto insieme al suo reparto, vista la sua buona conoscenza del tedesco gli venne offerta la possibilità di arruolarsi tra le fila della Wehrmacht come interprete presso il comando germanico che si era installato nel capoluogo emiliano. Rifiutatosi a più riprese di considerare la proposta, venne dapprima rinchiuso in carcere per alcuni giorni per indurlo a un ripensamento, quindi inviato presso il campo di internamento di Prenzlau, cittadina situata nella parte settentrionale del Brandeburgo.

Delle dure condizioni vissute durante la prigionia si seppe molto poco. Quando il campo venne liberato dagli alleati il giovane, vittima di una gravissima epidemia di tifo, riuscì a inviare una lettera ai familiari per annunciare la sua malattia e per avvertire i genitori della possibile dipartita: «Carissimi tutti, oggi alla vigilia del mio onomastico, passo all’infermeria dell’ospedale. Ieri ho fatto la comunione ed ho messo in pace l’anima. La soluzione non è ancora data e speriamo che i vostri meriti e preghiere mi aiutino a ristabilirmi. Se non fosse così avrei il gran dispiacere non solo di non rivedervi, ma di sapervi in età avanzata privi dell’appoggio di colui sul quale da tanto tempo contavate». In effetti solo quattro giorni dopo, il 18 agosto del 1945, R. morì nell’ospedale del campo. Nel dopoguerra, in sua memoria, l’Università di Bologna gli attribuì la laurea ad honorem in Lettere e filosofia.

Fonti e bibliografia

  • Archivio storico Università di Bologna, Patrimonio documentario, Lauree Honoris causa, fasc. 7484.
  • Isacem, Giac, b. 775, fasc. Rosa-Rutali.

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