Berti Francesco

Francesco Berti
Immagine: F. Berti, Diario di un anno. Cattolici e Resistenza in Toscana, Firenze 2005
Nome: Francesco
Cognome: Berti
Luogo di nascita: Pisa
Data di nascita: 14/07/1904
Luogo di morte: Querceta
Provincia/Stato morte: Lucca
Data di morte: 12/08/1980
Ramo di Azione cattolica:
Partito politico:

Sommario

Note biografiche

Francesco Berti nacque il 14 luglio del 1904 a Pisa da Tito ed Eugenia Fusi. Trascorsa l’infanzia nella città natale, si trasferì insieme alla famiglia a Firenze dove attese agli studi medi e superiori e, nel 1923, divenne presidente del circolo studentesco «Italia nova». Tornato a Pisa per iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza, nel periodo universitario si impegnò alacremente nelle attività del circolo Fuci «Augusto Conti» attivo nell’ateneo e, nel corso del tempo, ne divenne anche il presidente.

Laureatosi l’8 luglio del 1927, già negli anni precedenti aveva iniziato una fattiva collaborazione con diverse testate giornalistiche. Dopo aver fatto parte della redazione del settimanale «L’Avvenire», organo ufficiale del Consiglio regionale toscano della Gioventù cattolica, e de «Il Carroccio» di Milano, negli anni 1923-1924 venne nominato redattore e, quindi, vicedirettore del periodico «Vita giovanile» di Pisa. Proprio in quest’ultima esperienza ebbe modo di conoscere il direttore don Icilio Felici che, schieratosi su una posizione di aperto antifascismo, vedeva nel settimanale una piattaforma di riflessione utile per sollecitare lo sviluppo dell’avanguardismo cattolico, in costante collegamento con il movimento giovanile milanese. Proprio a causa di questa linea editoriale e dopo diverse pressioni ricevute dagli apparati di controllo del regime, il 28 giugno del 1924 «Vita giovanile» fu costretto a interrompere le pubblicazioni anche a causa dell’intervento diretto delle autorità ecclesiastiche.

Fu anche a seguito di questa formazione ricevuta che B., dopo le elezioni del 1924, per un breve periodo decise di seguire un gruppo di fucini schierati contro il fascismo e prendere parte alle attività dei Gruppi goliardici per la libertà, legati a doppio filo agli ambienti apertamente antifascisti di Italia libera e del periodico clandestino «Non mollare!». Comunque, a questo suo impegno di contestazione al regime, egli fece corrispondere una seria carriera professionale come avvocato, aprendo un proprio studio nel capoluogo toscano.

Dopo gli eventi che condussero alla caduta di Mussolini, B. fu particolarmente impegnato nello sforzo di rifondazione della Democrazia cristiana in Toscana e, soprattutto, tra i principali animatori dell’organizzazione clandestina del movimento partigiano. In una testimonianza successiva egli ricordò che, già durante il periodo compreso fra il 25 luglio e l’8 settembre 1943, furono numerose le «riunioni semilegali, preparatorie e tumultuose negli stessi locali della Curia Arcivescovile fiorentina» con «numerosissimi partecipanti» che lo convinsero a collaborare in qualità di redattore ai due numeri del «San Marco», foglio pubblicato a Firenze da Giorgio La Pira e Mario Augusto Martini e successivamente chiuso per chiara volontà del fascismo.

Nel ricordo di Vittore Branca, anche lui membro dell’Azione cattolica e protagonista della Resistenza fiorentina, vi è la conferma di come l’avvocato fiorentino svolse un ruolo fondamentale per avvicinare diversi compagni al movimento di opposizione al nazifascismo: «Berti mi affrontò, improvvisamente, in Corso Tintori, all’uscita della Nazionale, con quel suo piglio diritto e quasi aggressivo, un pomeriggio nel bel mezzo dell’angosciato settembre ’43: “Lei non mi conosce, ma io so da Roberto Martini come la pensa e cosa ha fatto in F.U.C.I., alla Normale. Ora è proprio il momento di fare non qualcosa, ma molto, ma tutto, e da cristiani totali”». Lo stesso Branca così tratteggiò i caratteri dell’impegno di B. nella lotta di liberazione: «Fu, tra noi, il più audace e spericolato attivista, quello che impostò più risolutamente la lotta e la liberazione insieme morale e materiale: dalla regolarità e sistematicità dell’azione del Comitato Toscano di Liberazione e dalla paziente, tenace, sollecitazione alla lotta partigiana, fino alla prodigiosa organizzazione della stampa e della propaganda clandestina, al finanziamento ideato e ottenuto attraverso il prestito nazionale clandestino, fino alla vasta e sottile trama degli aiuti agli ebrei nascosti».

Infatti le responsabilità assunte nell’organizzazione e nel coordinamento del movimento resistenziale andarono aumentando visto che, nel corso del suo impegno in seno al Comitato toscano di liberazione, B. (spesso presentato con il nome fittizio di Arcibaldo Cecchi) fu attivo nell’opera di propaganda per il sostegno della lotta partigiana, nella diffusione della stampa clandestina, e persino nelle questioni più prettamente materiali come la gestione delle ingenti somme provenienti dai finanziamenti ottenuti attraverso il prestito nazionale clandestino. Inoltre, con l’ausilio pratico e morale del segretario dell’arcivescovo mons. Giacomo Meneghello e per volontà dello stesso cardinale Elia Dalla Costa, egli fu parte della fitta rete intessuta per dare assistenza e supporto a ebrei, fuggiaschi, ricercati politici e renitenti alla leva repubblichina.

Inoltre, B. fu tra i redattori – insieme a Branca e Carlo Maggiora – dei nove numeri del «Popolo» che uscirono clandestinamente a Firenze (seppur pubblicati con una falsa provenienza romana per non cadere nella morsa della polizia fascista) nel periodo compreso tra novembre del 1943 e la liberazione della città. Il giornale, per la cui stampa il gruppo si avvalse della stessa tipografia utilizzata dal Psi per la pubblicazione dell’edizione toscana dell’«Avanti!», veniva lavorato e composto presso il convento di San Paolino, nei pressi di piazza Ognissanti, dove proprio B. riceveva gli articoli e procedeva battendoli personalmente a macchina. Scelto come rappresentante della Dc nel Comitato toscano di liberazione nazionale, alternandosi inizialmente con Mario Augusto Martini e Adone Zoli, mantenne ininterrottamente la carica dal mese di febbraio del 1944 fino alla definitiva liberazione di Firenze. In questo ruolo, il 31 luglio fu nominato capo della Delegazione d’Oltrarno del Comitato e, successivamente, fu incaricato con delibera del 29 novembre del 1944 di costituire a Lucca un Comitato interprovinciale di assistenza alle popolazioni dell’Apuania.

Nell’immediato dopoguerra, B. si occupò di sviluppare e organizzare la stampa del partito. Per rispondere adeguatamente alle sollecitazioni civili e sociali del periodo, nel settembre del 1945 decise di fondare il settimanale «Il Popolo libero» che poi diresse e, successivamente, fu eletto presidente del Consiglio di amministrazione del «Giornale del mattino». Candidato nella lista della Dc per l’Assemblea costituente, non venne eletto. Continuando ad esercitare a Firenze la professione di avvocato, per un lungo periodo, dal 1951 al 1964, fu membro del Consiglio provinciale del capoluogo toscano.

In occasione del trentennale della Resistenza, nel corso di una cerimonia tenutasi a Palazzo Vecchio, venne conferita a B. la medaglia d’oro assegnata dal Comitato toscano per il XXX della Resistenza. Fu tra i fondatori dell’Istituto storico della Resistenza in Toscana e, dal 20 dicembre 1976 fino alla morte, ricoprì la carica di vicepresidente della stessa istituzione. Morì a Querceta, in provincia di Lucca, il 12 agosto 1980.

Fonti e bibliografia

  • Isacem, Righini, Biografie, b. 4, fasc. Berti Francesco.
  • Istituto storico toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea, Fondo Francesco Berti.
  • Pier Luigi Ballini, Francesco Berti, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia 1860-1980, III/1, Le figure rappresentative, Marietti, Casale Monferrato 1984, pp. 84-85.
  • Francesco Berti, Diario di un anno. Cattolici e Resistenza in Toscana, a cura di P.L. Ballini, Polistampa, Firenze 2005.

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